ACE2 agirebbe infatti come recettore funzionale proprio per i coronavirus, per cui il Sars-CoV-2019 legherebbe la sua proteina “Spike” (quella che abbiamo imparato a conoscere come un chiodo in rilievo sulla membrana virale) proprio al recettore ACE2. «Lo studio contribuisce alla spiegazione del meccanismo per cui l’infezione da Covid-19 risulterebbe cardiotossica», spiega Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di Cardiologia. «Il coinvolgimento cardiaco del virus avverrebbe attraverso il legame ad un recettore funzionale chiamato ACE2, il cui blocco potrebbe rappresentare inoltre essere una ipotetica terapia in questi pazienti».
Il gene ACE2 è associato alla formazione di un’angiotensina, l’angiotensina 1-7 che determina vasodilatazione e contribuisce all’abbassamento della pressione arteriosa. Questo recettore è stato scoperto nel 2000 ed è presente nel cuore, polmoni, reni ed altri organi. Infatti, in modelli di topi knockout per il gene ACE2 (cioè in cui era stato eliminato il gene ACE 2) in condizioni di stress si è osservato un aumento della pressione arteriosa, dell’ipertrofia e della fibrosi miocardica.
Malati cardiovascolari e secrezione di ACE2
Quindi ACE2 svolge, in condizioni normali, un ruolo protettivo sul funzionamento del cuore controbilanciando gli effetti negativi indotti dall’ACE 1. Tuttavia il virus SARS-CoV-2 invade le cellule epiteliali provocando sintomi respiratori e la sua infezione risulta essere più grave nei pazienti con malattie cardiovascolari, ciò sembrerebbe associato ad un aumento della secrezione di ACE2. Conferma l’ipotesi Claudio Borghi, direttore dell’Istituto di Medicina interna presso il Policlinico sant’Orsola-Malpighi di Bologna: «ACE2 potrebbe facilitare la diffusione del virus negli organi bersaglio, visto che è particolarmente presente nei polmoni, all’interno degli alveoli, dove avvengono gli scambi tra aria e sangue, e nel cuore».
Forse, anche (ma non solo) per questa “combinazione” di effetti su cuore e polmoni, i sintomi respiratori gravi, come tosse incessante e difficoltà di respiro, sarebbero più severi nei pazienti con malattie cardiovascolari, i quali peraltro potrebbero anche avere una maggiore secrezione di ACE2 rispetto alle persone precedentemente sane. Lo stesso meccanismo, seppur non da solo, potrebbe anche entrare in gioco nel determinare la miocardite, ovvero l’infiammazione acuta delle cellule del miocardio, il tessuto muscolare del cuore.
Stando allo studio, questo quadro infiammatorio si è osservato in diversi pazienti ricoverati in Cina e in qualche caso potrebbe risultare addirittura predominante, in termini di sintomi riferiti, rispetto ai classici problemi respiratori associati alla Covid-19. Come scrivono gli autori della ricerca «tra i casi confermati di infezione da Sars2-CoV-2019 riportati dalla National Health Commission of China (NHC), alcuni dei pazienti sono giunti all’osservazione del medico per sintomi cardiovascolari, come palpitazioni e oppressione toracica piuttosto che con disturbi respiratori classici, come febbre e tosse». Solo in un secondo tempo questi malati sarebbero stati riconosciuti come colpiti da CoViD-19.