AGI – La spesa per le pensioni in Italia resta elevata, con rischi per la sostenibilità dei conti a lungo termine. L’importo, rileva Inps nella sua relazione annuale, riflette due caratteristiche del nostro sistema previdenziale: l’età di pensionamento e la ‘generosità’ degli assegni mensili. Nonostante l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia sia fissata a 67 anni, il livello più alto nell’Unione europea, quella effettiva di pensionamento è ancora relativamente bassa (64,2) rispetto alla media Ue, a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro. Quanto al tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra pensione e ultimo stipendio percepito prima del pensionamento, in Italia è stimato intorno al 59% in media e rimane tra i più elevati dell’Unione (quasi 14 punti percentuali sopra la media). L’età media al pensionamento è aumentata da 62,1 a 64,6 anni, passando da 59,5 a 61,5 anni per le pensioni anticipate e da 64,1 a 67,5 anni per quelle di vecchiaia. Inoltre, rispetto al 2022, l’importo lordo mensile medio delle pensioni è pari a 1.373,17 registrando un aumento del 7,1% in parte a causa della perequazione. Il numero complessivo di persone che percepiscono un reddito pensionistico si attesta a 16.205.319. Gli importi medi più elevati si registrano al Nord e nel Lazio, mentre i più bassi in Calabria e nel resto del Mezzogiorno. Nel 2023 gli assicurati Inps – lavoratori, dipendenti e indipendenti, obbligati ai versamenti previdenziali – sono risultati 26,6 milioni, oltre 300 mila in più rispetto al 2022 e oltre un milione in più rispetto al valore pre-pandemico (25,5 milioni nel 2019). La crescita del 2023 rispetto all’anno precedente è stata pari all’1,2%, quella del 2022 rispetto al 2021 era risultata del 2,1%.
Al 31 dicembre 2023 del numero complessivo di pensionati (circa 16,2 milioni) 7,8 milioni sono maschi e 8,4 milioni femmine. L’importo lordo delle pensioni complessivamente erogate era di 347 miliardi di euro. Sebbene rappresentino il 52% dei pensionati le dono percepiscono il 44% dei redditi erogati dalla previdenza, ovvero 153 miliardi di euro contro i 194 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini è superiore a quello delle donne di circa il 35%. Rispetto al 2022, l’importo lordo mensile medio è aumentato del 7,1% per effetto, almeno in parte, della perequazione. L’importo medio delle pensioni erogate dalla Gestione Dipendenti Pubblici è invece di oltre 2.000 euro, ma il suo peso è diminuito al 16% da oltre il 20% del 2020. “Lo scenario demografico attuale, caratterizzato dall’aumento dell’età media della popolazione, dal calo della fecondità e dalla riduzione della popolazione in eta’ lavorativa, non compensati dall’immigrazione, sta determinando un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti”, si legge nel Rapporto Inps. Una situazione, comune agli altri Stati Ue, che influenza negativamente la sostenibilità economica di quasi tutti i sistemi previdenziali, soprattutto laddove l’incidenza della spesa pensionistica rispetto al Pil è elevata. I giovani, annota Inps, lavorano e guadagnano di meno. A fronte di una retribuzione media annua di fatto pari nel 2023 a quasi 26 mila euro per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati, esclusi lavoratori domestici e operai agricoli), gli under 30 guadagnano poco più di 14 mila euro, ovvero poco oltre la meta’. Inoltre, in tale fascia d’età, i dipendenti pubblici guadagnano circa 6-7 mila euro di piu’ dei loro coetanei del settore privato. “La tenuta dei conti e assolutamente in equilibrio nel breve medio periodo”, commenta il presidente dell’Inps, Gabriele Fava.