La questione legata al caso di una coppia di donne che ebbe due gemelli con la fecondazione eterologa e poi, interrotta la relazione, ha avviato un contenzioso sulla possibilità dei figli di frequentare entrambe è infondata per come è posta. Ma “l’interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l’interesse del minore, di un rapporto significativo da quest’ultimo instaurato e intrattenuto con soggetti che non siano parenti” è tutelato da una norma diversa da quella ‘impugnata”. Lo ha deciso la Corte Costituzionale.
Al vaglio della Consulta è stato sottoposto l’articolo 337-ter del codice civile, che, pur sottolineando che i bambini devono poter mantenere rapporti “equilibrati e continuativi” con entrambi i genitori, non contempla i casi in cui a separarsi sia una coppia di fatto e, in particolare, una coppia omosessuale. La Corte d’appello di Palermo aveva sollevato il caso alla Consulta, perché, a suo parere, la norma poteva violare diversi punti della Costituzione, tra cui il “diritto del minore a una famiglia”, nonché i parametri dettati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Protagonisti della vicenda, due donne legate per anni da un rapporto sentimentale e i bambini gemelli, nati 8 anni fa da una delle due con fecondazione eterologa. L’ex compagna della mamma biologica si è rivolta al giudice civile per chiedere che possano essere stabilite regole e modalità di frequentazione tra lei e i bambini. L’Avvocatura dello Stato, nell’udienza pubblica di ieri, aveva chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile la questione, osservando che si tratta di una materia su cui a decidere deve essere il legislatore. E oggi è arrivata la decisione: “Non sussiste il vuoto di tutela dell’interesse del minore presupposto dal giudice rimettente” e “l’art. 333 dello stesso codice già consente al giudice di adottare “i provvedimenti convenienti” nel caso concreto”.