MILANO – Regalo di Natale del Consiglio di Stato alle compagnie della rete telefonica: lo scorso 23 dicembre, ha annullato la sentenza del Tar su delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che staccava una sanzione da 28 milioni per sette imprese di rete, tra cui Tim. Palazzo Spada ha stabilito che l’Autorità dovrà riesercitare la funzione amministrativa, e quindi stabilire se archiviare il caso oppure optare per una rimodulazione riduttiva delle sanzioni.
La notizia è stata data dall’Agi e va a rimpolpare il catalogo delle decisioni Agcm stoppate dalla giustizia amministrativa. In questo caso, il procedimento era stato avviato dall’Antitrust nel 2013 e concluso nel 2015 con una sanzione complessiva di 28 milioni per gli operatori Telecom Italia (oltre 21 milioni di multa), Alpitel, Ceit Impianti, Sielte, Sirti, Site e Valtellina. Decisione confermata dal Tar del Lazio con una serie di sentenze del 2016 e ribaltata tre giorni fa dal Consiglio di Stato, che contesta la tesi dell’Agcm secondo cui le suddette sette società di rete si sarebbero accordate “per un’intesa restrittiva della concorrenza”.
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Concorrenza, se il Tar ferma le multe dell’Antitrust
di FLAVIO BINI
Ciò che il Consiglio di Stato contesta – e sulle cui basi ha annullato la sentenza del Tar – è che al tempo della decisione dell’Antitrust vi erano una serie di norme regolatorie Agcom che non avevano nella sostanza ancora liberalizzato questo mercato e che quindi era incompatibile con l’applicazione della teoria della restrizione del mercato l’esistenza di un mercato non contendibile. In sintesi, le norme regolatorie esistenti al tempo davano esclusivamente all’Agcom il potere di decidere se liberalizzare e in che grado liberalizzare questi servizi. E l’Agcom lo ha fatto con diverse delibere – l’ultima è del 2017 – che non hanno portato alla completa liberalizzazione ma vedono sempre Telecom come snodo finale per la manutenzione correttiva.
Secondo il ragionamento dei giudici del Consiglio di Stato, insomma, la delibera Agcm riguarda il restringimento di un mercato che invece non era liberalizzato e al quale quindi non si potevano applicare le norme Antitrust in materia. A questo punto la palla passa di nuovo all’Authority, che dovrà riesercitare le proprie funzioni uniformandosi alla sentenza del 23 dicembre e quindi riavviare ex novo il procedimento e assumere le decisioni del caso.