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Chip che funzionano come il cervello, al MIT fanno progressi

Gen 25, 2018

Il cervello umano è ancora la macchina da battere quanto a potenza di calcolo e per questo molte aziende e ricercatori sono al lavoro per capirne il funzionamento e replicarlo nei chip. In ogni momento uno qualsiasi dei 100 miliardi di neuroni può trasmettere istruzioni a migliaia di altri neuroni tramite le sinapsi. Ci sono più di 100 trilioni di sinapsi che mediano i segnali neuronali nel cervello, rafforzando alcune connessioni a discapito di altre, in un processo che permette al cervello di riconoscere schemi, ricordare fatti e svolgere altri compiti di apprendimento, il tutto a una velocità che ha pochi eguali.

L’impegno di ricercatori e aziende per creare chip che funzionino come il cervello umano prende il nome di “neuromorphic computing” e tra gli ultimi sforzi in tal senso ricordiamo quello di Intel con il progetto Loihi.

Secondo il MIT di Boston, “invece di svolgere calcoli basati su segnali binari acceso / spento come fanno i chip digitali, gli elementi di un chip neuromorfico dovrebbero funzionare in modo analogico, scambiandosi un gradiente di segnali, o “pesi” (weights), in modo simile ai neuroni che si attivano in vari modi a seconda del tipo e del numero di ioni che percorrono una sinapsi”.

In questo modo piccoli chip neuromorfici potrebbero elaborare efficientemente milioni di flussi di calcoli paralleli che sono oggi possibili solo usando enormi supercomputer. Finora però c’è stato un ostacolo al raggiungimento di questo traguardo: la sinapsi neurale, particolarmente difficile da riprodurre in hardware.

MIT Silicon SynapseMIT Silicon Synapse
Da sinistra: i ricercatori del MIT Scott H. Tan, Jeehwan Kim e Shinhyun Choi

Al MIT credono di avere una soluzione. Hanno progettato una sinapsi artificiale in un modo da poter controllare con precisione la forza del flusso della corrente elettrica che l’attraversa, in modo simile agli ioni che scorrono tra i neuroni. Il team ha poi messo a punto un piccolo chip con sinapsi artificiali fatte di silicio/germanio. Nelle simulazioni i ricercatori hanno riscontrato che il chip e le sue sinapsi sono così valide da poter essere usate per riconoscere campioni calligrafici con un’accuratezza del 95%.

Lo studio, illustrato su Nature Materials, parte dell’assunto che i progetti esistenti non permettono di controllare facilmente il flusso degli ioni. La maggior parte dei progetti neuromorifici prova infatti a emulare la connessione sinaptica tra neuroni usando due strati conduttivi separati da un “mezzo di commutazione”, uno spazio che assomigli a una sinapse. Applicando una tensione gli ioni dovrebbero muoversi in tale mezzo per creare filamenti conduttivi, in modo simile al modo in cui cambia il “peso” di una sinapse.

Il problema è che i mezzi di commutazione sono spesso fatti con materiali amorfi, che hanno un numero illimitato di possibili percorsi nei quali gli ioni si possono spostare. Questo rende difficile prevedere dove andranno gli ioni. I ricercatori del MIT però, guidati dal professor Jeehwan Kim, dicono di poter creare “non uniformità indesiderate” nelle prestazioni di una sinapsi.

“Una volta applicata la tensione per rappresentare alcuni dati con il tuo neurone artificiale, devi cancellarli ed essere in grado di scriverli di nuovo nello stesso modo”, spiega Kim. “Ma in un solido amorfo, quando scrivi nuovamente, gli ioni vanno in direzioni diverse perché ci sono molti difetti. Questo flusso è in cambiamento ed è difficile da controllare. Questo è il problema più grande: la non uniformità della sinapsi artificiale”.

Anziché usare materiali amorfi per la sinapse artificiale il team ha optato per un silicio monocristallino, un materiale conduttore privo di difetti costituito da atomi disposti in un allineamento sempre ordinato. Il team ha cercato di creare una sorta di difetto, una linea, tramite cui gli ioni possono scorrere in modo prevedibile. Per farlo è partito da un wafer di silicio, somigliante, a risoluzione microscopica, a una rete metallica come quella che circonda i pollai. Poi hanno sviluppato un modello simile di silicio/germanio – un materiale usato comunemente nei transistor – sulla parte superiore del wafer di silicio.

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Il chip neuromorfico di Intel, nome in codice Loihi

Il reticolo di silicio-germanio è leggermente più grande di quello del silicio e Kim ha scoperto che, insieme, i due materiali perfettamente disomogenei possono formare una dislocazione a forma di imbuto, creando così un unico percorso tramite il quale gli ioni possono muoversi.

A questo punto i ricercatori hanno fabbricato un chip neuromorfico consistente di sinapsi artificiali fatte di silicio/germanio, con ogni sinapse spessa 25 nanometri. Hanno applicato una tensione a ogni sinapse e riscontrato che tutte le sinapsi mostravano più o meno la stessa corrente, o flusso di ioni, con una variazione di circa il 4% tra le sinapsi – un valore più uniforme rispetto a quello ottenute con sinapsi fatte di materiale amorfi.

Hanno anche testato una singola sinapsi più volte, applicando la stessa tensione per 700 cicli, e hanno visto che la sinapsi mostrava la stessa corrente, con una variazione pari a solo l’1% da ciclo a ciclo. “Questo è il dispositivo più uniforme che potremmo ottenere, il che è la chiave per dimostrare le reti neurali artificiali”, ha affermato Kim.

Il test finale ha coinvolto compiti di apprendimento reali, in particolare il riconoscimento di campioni calligrafici, un banco di prova pratico ideale per i chip neuromorfici. Simulando al computer una rete neurale con proprietà plasmate sulle rilevazioni fatte sul chip neuromorfico reale, hanno visto che la loro rete neurale hardware ha riconosciuto i campioni calligrafici il 95% delle volte, un buon valore se pensiamo che gli algoritmi software esistenti arrivano al 97%.

Adesso il team del MIT sta realizzando un chip neuromorfico funzionante in grado di svolgere compiti di riconoscimento calligrafico nelle realtà e non con una simulazione. Secondo il professor Jeehwan Kim la sinapsi artificiale progettata dal team consentirà di creare dispositivi neurali molto più piccoli e portatili in grado di fare calcoli complessi che al momento sono possibili solo con grandi supercomputer.

“L’obiettivo finale è avere un chip grande quanto un’unghia per sostituire un grande supercomputer“, ha concluso Kim.

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