MILANO – Una patrimoniale per rimettere in sesto i conti pubblici e venire incontro alle richieste dell’Europa? Ogni esponente del governo nelle ultime settimane si è affrettato a scansare dal tavolo questa ipotesi. Come evidenzia l’ufficio studi della Cgia di Mestre il gettito che arriva dalle diverse imposte sul patrimonio è già molto ingente e nel complesso raggiunge i 47,5 miliardi di euro. Un valore che come riferimento si attesta al 2,7% del Pil, il doppio di quanto versato nel 1990 quando la percentuale, secondo i conti della Cgia, si fermava all’1,3%.
La quota più rilevante è quella dell’imposta sugli immobili. Abolita dal governo Renzi la Tasi sulla prima casa, la tassa resta sia per le abitazioni di lusso sia per le seconde e terze case e in totale ha portato nelle casse pubbliche 21,7 miliardi di euro. Segue il bollo auto, riscosso dalle Regioni, che porta circa 6,7 miliardi di euro, e le varie imposte di bollo – le tipiche marche da bollo associate alle fatture ma anche quella sui conti correnti ad esempio, che garantiscono 6,3 miliardi.
Il vero balzo delle patrimoniali è arrivato nel 2012 quando con l’introduzione dell’Imu prima casa (che rimpiazzava l’Ici abolita dal governo Berlusconi) il gettito è schizzato dai 31,7 miliardi ai 44,6 miliardi. L’apice è stato comunque raggiunto nel 2014 quanto l’incasso dalle imposte sul patrimonio ha raggiunto i 48,65 miliardi di euro.
“Sono già una quindicina le imposte patrimoniali che gli italiani sono costretti a pagare ogni anno”, rileva il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo. “Rispetto al 1990, il gettito riconducibile alle imposte di possesso sui nostri beni mobili, immobili e sugli investimenti finanziari in termini nominali è aumentato del 400 per cento, mentre l’inflazione è cresciuta del 90 per cento. In buona sostanza, in oltre 25 anni abbiamo subito una vera e propria stangata“.