IL CONSIGLIO EPISCOPALE
Il vice presidente della Cei, mons. Mario Meini: «Chi si è assunto la responsabilità di dar vita a una nuova maggioranza non potrà certamente dimenticare che le attese della gente sono alte e richiedono di essere riconosciute, interpretate e guidate con saggezza e concretezza»
di Carlo Marroni
23 settembre 2019
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«Se la formazione del nuovo Governo ha evitato il difficile passaggio di un ritorno alle urne, a solo un anno dall’inizio di una legislatura, chi si è assunto la responsabilità di dar vita a una nuova maggioranza non potrà certamente dimenticare che le attese della gente sono alte e richiedono di essere riconosciute, interpretate e guidate con saggezza e concretezza». Lo ha detto il vice presidente della Cei, Mauro Meini, nell’introduzione al Consiglio Permanente.
«Chi ha responsabilità di governare – ha aggiunto – dovrà far sentire agli italiani che sta veramente perseguendo il bene comune, per cui cerca la stabilità politica fondata su maggioranze chiare e su programmi solidi e condivisi. La politica, proprio come la vita individuale, ha bisogno di semplicità e di autenticità, di principi chiari e di rispetto delle regole».
No a pratiche eutanasiche
Poi un nuovo richiamo al tema scottante del fine vita e l’atteso pronunciamento della Consulta: «Nella contingenza del presente, questa centralità della persona per noi si traduce anche nell’impegno a unire la nostra voce a quella di tanti – a partire dalle associazioni laicali – per dire la contrarietà al tentativo di introdurre nell’ordinamento pratiche eutanasiche. È difficile non essere profondamente preoccupati rispetto alla possibilità di ammettere il suicidio assistito, promosso come un diritto da assicurare e come un’espressione della libertà del singolo. Anche se ammantate di pietà e di compassione, si tratta di scelte di fatto egoistiche, che finiscono per privilegiare i forti e far sentire il malato come un peso inutile e gravoso per la collettività».
Sui migranti non cedere alle paure
Infine un nuovo richiamo al tema migranti: «ricordare la dignità che rende intangibile ogni vita umana significa anche non arrendersi alla cultura del “prima noi e poi gli altri”: quando l’altro è persona bisognosa, priva di ogni opportunità, le nostre chiusure consolidano ingiustizie ed egoismi. Così, la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che celebreremo domenica prossima, costituisce “un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza umana” e, più in generale, dell’umanità di tutti (dal Messaggio del Papa); pertanto, ci mette in guardia dalla scorciatoia che vorrebbe ricondurre al fenomeno migratorio le paure e le insicurezze di un malessere civile, che in realtà muove da cause ben più profonde».