Le fiamme le hanno devastato il corpo, ma non le hanno tolto la voglia di vivere e di combattere. “Caro presidente, sono Carla Caiazzo“. Comincia così, la lettera indirizzata al Quirinale dalla trentottenne napoletana bruciata viva a Pozzuoli dal suo ex “nonché – ricorda – padre della bimba che portavo in grembo”.
Ventidue righe in cui Carla, attraverso “Repubblica”, si rivolge direttamente al capo dello Stato, Sergio Mattarella: “Ti scrivo perché oggi, più che mai, da vittima voglio rappresentare un momento di riscatto e di riflessione per tutte le donne che subiscono, in silenzio, le violenze dei propri uomini. Occorre fare qualcosa. Subito”. E poi: “Ti scrivo per chiederti di sollecitare il nostro legislatore ad individuare, sulla scorta di quanto sta tristemente accadendo, una nuova figura di reato che punisca severamente coloro che, nel loro intento delittuoso, colpiscono le donne e, soprattutto, le cancellano dalla società civile”.
Al presidente, Carla sottopone la proposta elaborata assieme al suo legale, l’avvocato Maurizio Zuccaro: l’introduzione di “quello che, con il mio difensore, abbiamo denominato ‘omicidio di identità‘”. Per far comprendere le ragioni che hanno ispirato quest’idea, Carla ripercorre ancora una volta il suo dramma: “Il primo febbraio scorso sono rimasta vittima della ignobile violenza di un uomo, il mio ex uomo, il quale non ha saputo fare altro che attentare alla mia vita dandomi fuoco. E insieme alla mia vita, ha attentato a quella della bambina”. La piccola Giulia è venuta alla luce prematura, grazie all’intervento dell’équipe dell’ospedale Cardarelli, e oggi ha nove mesi. L’imputato, Paolo Pietropaolo, è in carcere, il processo si sta celebrando con rito abbreviato. I pm Raffaello Falcone e Clelia Mancuso hanno chiesto la condanna a 15 anni di reclusione per tentato omicidio e stalking. Carla si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Zuccaro. Il giudice Egle Pilla potrebbe emettere la sentenza già all’udienza del 23 novembre.
Ma c’è qualcosa che né i medici né la magistratura potranno restituirle: “Il mio aggressore ha voluto ed è riuscito a deturpare il mio volto. Mi ha ammazzato lasciandomi viva”, dice e per questa ragione chiede al presidente Mattarella di farsi promotore presso il Parlamento per una legge che riconosca “l’omicidio d’identità”. “Io, come la povera Lucia Annibali (l’avvocata sfigurata con l’acido n.d.r.) siamo vittime di chi ha voluto cancellarci, distruggere, deturpare il nostro viso. Il viso – ripete – quello che ci consente di riconoscerci e renderci riconoscibili alla società”. Da quella drammatica mattinata, la vita di Carla è cambiata per sempre. Ha già subìto 21 interventi chirurgici e altri ne dovrà subire. Solo da pochi giorni riesce, a fatica, a prendere in braccio la bambina.
“Il coma, le tantissime operazioni…oggi il riscatto. La mia fede ci ha salvati, ma la violenza che oggi subiscono le donne non può essere tutelata solo dalla fede. Purtroppo non sono stata la prima e non sarò l’ultima vittima della bieca violenza ormai diventata una triste abitudine degli uomini”. Dal 2012, afferma, “le vittime del femminicidio sono il triplo di quelle di mafia e camorra messe insieme. La serialità di queste condotte non può più lasciare inerme il nostro legislatore, che deve essere attento ai mutamenti della società civile, coglierne le disfunzioni
e porre rimedio attraverso un intervento deciso e puntuale”.Quindi lancia l’appello: “Non abbiamo più tempo. Occorre, da subito, trovare strumenti idonei per proteggerci”.
Così, Carla si affida, idealmente, al capo dello Stato. A chi le sta vicino, ha confidato di sognare di poter essere, un giorno, ricevuta al Quirinale. “Il tuo ruolo e la tua sensibilità saranno determinanti. Con affetto. Carla Caiazzo”.