MILANO – Si addensano nubi cariche di pioggia su Genova e la sua banca-simbolo, la Carige: salta infatti la costituzione del Consorzio di garanzia che avrebbe dovuto sostenere l’aumento di capitale da 560 milioni della banca guidata dall’amministratore delegato Paolo Fiorentino, il terzo dopo le puntate rispettivamente da 800 e 850 milioni degli anni scorsi.
La notizia è stata data ai mercati dal gruppo che ha immediatamente convocato un consiglio di amministrazione straordinario per “informare consiglieri e sindaci della situazione e valutare i prossimi passi”. La reazione di Borsa non poteva essere diversa: dopo i minimi storici a 14 centesimi di ieri (per una capitalizzazione di mercato di 124 milioni, la metà di quanto versato soltanto due anni fa dalla famiglia Malacalza per diventare prima azionista della banca al 17,6%), oggi il titolo è stato sospeso in attesa di avere informazioni più dettagliate di quel che accade sotto la Lanterna.
Intanto la banca ha specificato che l’amministratore delegato “verificherà nelle prossime ore l’esistenza dei presupposti per il proseguimento del piano di risanamento della Banca e per una eventuale proroga dei termini dell’operazione di aumento di capitale”.
Il tracollo del titolo Carige in cinque anni
Come ricostruiva Repubblica in edicola stamane, la situazione era testa da giorni: dopo 48 ore di cda formalmente aperto, infatti, non era ancora arrivato il prezzo dell’aumento di capitale. Motivo per cui era lecito supporre che qualcosa non stava andando per il verso giusto con il consorzio di garanzia, composto da Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays. Secondo quanto emerso, le banche avrebbero posto come condizione per impegnarsi a sottoscrivere l’eventuale inoptato dell’operazione l’ingresso massiccio di Unipol nella partita. Il gruppo assicurativo e bancario aveva infatti convertito bond subordinati in suo possesso in bond sernior, garantendosi così la possibilità di entrare nella compagine azionaria aderendo all’aumento. L’opzione sul tavolo dell’ad, Carlo Cimbri, si sarebbe però via via raffreddata.
Chi ha detto già che non farà passi indietro è proprio la famiglia Malacalza, che anzi potrebbe anche salire nell’azionariato. Ma anche il secondo socio Gabriele Volpi (che ha intorno al 6%), che ha affidato la gestione di questa sua partita bancaria all’ex banchiere di Lodi, Gianpiero Fiorani, ha già detto di voler aderire. L’ultima in ordine di tempo è stata l’adesione della famiglia Spinelli (intorno al 2%), ma le vicissitudini di queste ore mostrano che i soci storici possono ben poco senza l’accordo delle banche.
Novità che tornano a mettere sotto pressione l’intero comparto bancario di Piazza Affari, dove un’altra banca impegnata in un importante aumento di capitale (il Creval), sta vivendo giornate di passione borsistica.