Nel carcere di Monza, il teatro, la palestra, parte della caserma sono inagibili. Ovunque infiltrazioni d’acqua. Il sovraffollamento dietro le sbarre raggiunge il 203%. Quasi in ogni cella è stata aggiunta una terza branda, che di giorno viene ripiegata e messa sotto il letto principale. Quando è aperta, è impossibile muoversi per i detenuti. «Il sovraffollamento delle carceri non è una fake news». A suonare l’allarme è il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, nella sua relazione annuale al Parlamento. I numeri parlano chiaro, purtroppo: nei penitenziari italiani sono oggi rinchiusi 60.512 detenuti, ma i posti effettivamente disponibili si fermano a 46.904.
«Nell’ultimo anno la popolazione detenuta è cresciuta di 2.047 unità, con un andamento progressivo crescente e preoccupante – scrive il Garante nella sua relazione – quantunque non abbia ancora raggiunto il livello di alcuni anni fa, quando proprio il sovraffollamento portò alla condanna da parte della Corte europea per i diritti umani». Ma la situazione in cella resta comunque drammatica: in base agli ultimi dati, aggiornati al 26 marzo, i posti davvero disponibili nei 191 istituti di pena italiani sono 46.904, ma i detenuti sono ben 60.512. Tradotto: tra le mura delle prigioni italiane ci sono 13.608 persone in più della capienza, con un sovraffollamento del 129%. La situazione sul territorio resta a macchia di leopardo: nel Circondariale di Taranto il sovraffollamento raggiunge il 300%, Potenza è invece al di sotto del 100%. E tutto questo nonostante «il numero di coloro che sono entrati in carcere dalla libertà è diminuito di 887 unità: l’aumento non è quindi ascrivibile a maggiori ingressi, bensì a minore possibilità di uscita».
Come si spiega? Con la crisi delle misure alternative al carcere. «Questo dato – sostiene il Garante – può essere determinato da più fattori: l’accentuata debolezza sociale delle persone detenute che non le rende in grado di accedere a misure alternative alla detenzione, per scarsa conoscenza o difficile supporto legale o un’attenuazione della cultura che vedeva proprio nel graduale accesso alle misure alternative un elemento di forza nella costruzione di un percorso verso il reinserimento». Allarmante il numero dei suicidi: 64 nel 2018, tra cui un ragazzo di 18 anni, un numero che segna un picco rispetto ai 50 dell’anno precedente. La verità è che «il sovraffollamento diventa una pena aggiuntiva».
I casi sono tanti. L’associazione Antigone da anni li monitora: «Oltre al sovraffollamento del carcere di Monza – racconta il presidente, Patrizio Gonnella – c’è quello ancor più grave di Taranto: l’intero edificio necessita seri interventi di ristrutturazione. Ovunque muffe e infiltrazioni. Le celle visitate hanno una presa d’aria da cui entrano correnti che i detenuti combattono con cartoni e fogli di giornale».
Da qui il richiamo del Garante al Parlamento: «L’attenzione geometrica alla “cella” non deve far perdere il principio che la persona detenuta deve vivere la gran parte della giornata al di fuori, in attività all’esterno della cella». E soprattutto: «Nel luogo di ricostruzione del senso di legalità non possono essere fatte vivere situazioni che ledono la legalità».