• 2 Novembre 2024 15:26

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Carburante sottocosto: scoperta maxi frode

Lug 8, 2022

Un’importante operazione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Chieti ha smascherato una maxi frode nel commercio di carburanti per autotrazione. Si tratta di una truffa per oltre 130 milioni di euro che ha coinvolto diverse società, e che si è perpetrata secondo il noto meccanismo della “frode carosello”, che prevede l’evasione sistematica dell’IVA tramite l’emissione di false fatture. Ciò ha permesso a un deposito di prodotti petroliferi con sede in provincia di Chieti di vendere carburanti a prezzi fuori mercato.

Carburante sottocosto

L’operazione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Chieti ha consentito di smascherare un’importante frode carosello in atto in Italia. In un periodo in cui la preoccupazione per il costo dei carburanti è tangibile, con aumenti che hanno già pesato sulle tasche degli italiani per 350 euro a famiglia in soli sei mesi, c’è chi si era attrezzato per vendere carburante sottocosto.

Nonostante le dichiarazioni del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani secondo cui l’aumento del prezzo dei carburanti è ingiustificato e “non esiste motivazione tecnica per questi rialzi”, gli aumenti restano: la rilevazione del Mise del 4 luglio indica un prezzo medio di 2,065 euro al litro per la benzina, 2,022 euro al litro per il diesel e 0,828 euro al litro per il GPL. Per capirsi, un litro di benzina senza Iva costerebbe 1,692 euro.

L’operazione della Polizia di Chieti ha scoperto una frode per oltre 130 milioni di euro che si riferisce proprio all’applicazione dell’Iva: sei persone sono state denunciate per reati che vanno dalla dichiarazione fraudolenta all’evasione fiscale. Il meccanismo infatti prevedeva di utilizzare fatture relative a operazioni mai avvenute, emesse da società fittizie, che permettevano al deposito di carburanti di vendere i suoi prodotti senza applicazione dell’Iva, imposta che oggi pesa per circa 40 centesimi sull’acquisto di un litro di benzina o diesel.

Nel corso degli accertamenti sono state individuate diverse società che emettevano fatture per operazioni inesistenti: “La complessa attività è conseguente ad un’approfondita attività info-investigativa”, si legge in una nota della Guardia di Finanza di Chieti, “che ha permesso di disvelare il sistema di frode utilizzato”. L’operazione ha anche consentito di “delineare compiutamente il quadro complessivo delle ipotizzate responsabilità nei confronti di una società di capitali nonché di ciascun compartecipe alla presunta frode”.

Una frode carosello da 130 milioni

La maxi truffa sui carburanti non è la prima ad essere scoperta in Italia. A differenza di molte altre frodi che si consumano “su strada”, però, questa avveniva essenzialmente sulla carta. La frode carosello sfrutta infatti il meccanismo del Reverse Charge, altrimenti noto come inversione contabile, che permette di dirottare il pagamento dell’Iva direttamente sul destinatario della cessione del bene. In breve, quando si applica il Reverse Charge l’Iva non viene applicata sulla fattura d’acquisto; in questi casi il pagamento dell’imposta spetta all’acquirente, che deve emettere autofattura o una fattura integrativa.

Si tratta di una pratica utilizzata principalmente quando le compravendite avvengono tra aziende operanti in Italia e in Paesi che presentano aliquote Iva diverse dalle nostre, ma è stata nel corso degli anni estesa anche a molte operazioni interne, che avvengono cioè tra aziende operanti sul territorio nazionale.

Nella sostanza, quando l’azienda acquista il bene o servizio senza Iva deve poi occuparsi di pagarla. La truffa carosello interviene esattamente in quel momento: sono coinvolti un soggetto cedente, che non mette l’Iva in fattura, un intermediario – che generalmente è un’azienda fittizia, detta in gergo “cartiera” – che dice di pagare l’Iva e un destinatario finale. È facile intuire che la truffa vera e propria avvenga esattamente nel momento in cui l’azienda intermediaria dovrebbe versare l’imposta dovuta. Quel 22% non viene mai versato, e in alcuni casi l’evasione può raggiungere cifre impressionanti, come quelle emerse dall’indagine del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Chieti.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close