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Caos Tari, rischio conguagli per i cittadini che hanno pagato il giusto

Nov 12, 2017

MILANO – Il caos Tari rischia di chiamare i contribuenti che finora hanno pagato “il giusto” a dover rimettere mano al portafogli per conguagliare le loro bollette, alla luce dei rimborsi che potranno scattare per coloro che hanno pagato “più del dovuto”. Il caso nasce dal fatto che in alcuni Comuni per ogni pertinenza (cantine, box, solai) è stata conteggiata la quota variabile della Tassa sui rifiuti, con l’effetto di appesantire indebitamente la bolletta complessiva. La formula corretta prevede infatti che la quota variabile si applichi una sola volta per ogni abitazione, comprese le pertinenze.

Ora, come assicurato dal Mef rispondendo a un’interrogazione del M5S, i cittadini che hanno pagato di più dovranno essere rimborsati. Questa necessità si farà sentire senza dubbio nei prossimi anni, quando i sindaci dovranno rivedere i piani di incasso per far fronte alle spese sostenute per lo smaltimento dei rifiuti. Pur mancando ancora i chiarimenti definitivi promessi da Roma, nei prossimi anni i contribuenti che fin qui hanno pagato di più si vedranno limare la tassa sui rifiuti. Quei soldi andranno però spalmati sul resto dei cittadini, che quindi avranno un balzello un po’ più pesante.

“L’aggiustamento potrebbe riguardare anche il passato”, spiega Andrea Ferri, responsabile della finanza locale per Ifel/Anci. I cittadini potranno chiedere il riconteggio delle loro tasse sui rifiuti fino a cinque anni indietro. Si apriranno dunque dei “buchi” sui piani finanziari degli enti, riferiti al passato. “Le quote più antiche andranno a carico della fiscalità generale”, ovvero spalmate su tutto il bilancio del Comune. “Ma la legge dà la possibilità agli enti di intervenire sull’esercizio in corso e su quello passato, quindi – a seconda delle scelte dei sindaci – in linea teorica ci potrebbe esser la richiesta di un ‘conguaglio’ ai cittadini per il 2017 e il 2016”.

La questione è molto tecnica, ma è bene ricordare che la Tari non è uno strumento col quale i sindaci “fanno cassa”. Ogni anno, infatti, l’ente determina un piano di costo per lo smaltimento dei rifiuti. Supponiamo che un Comune stimi di dover spendere 100 euro per il servizio di smaltimento nel 2018: dovrà modulare la tassa tra i suoi contribuenti in modo da coprire quel costo. Avendo ora scoperto che alcuni in passato hanno pagato più del dovuto e avranno diritto a un rimborso, il Comune avrà sempre 100 alla voce del costo del servizio, ma qualcosa di meno di incassi relativi.

Per il 2018 si iniziano già a fare alcuni conti. Come ricostruito da Repubblica Milano, nel capoluogo lombardo il problema di sovrapprezzo riguarda i box, dove la tassa cresce all’aumentare della metratura (e dei posti auto). La quota variabile su queste pertinenze vale 12 milioni di gettito. Dall’anno prossimo, se si imporrà la linea espressa dal Mef in risposta ai parlamentari, quella cifra dovrà ricadere su tutti gli altri, perché il servizio continuerà a costare 300 milioni come oggi. Il paradosso è che c’è un esercito di single senza neppure il garage che potrebbe subire rincari nell’ordine del 30%. E se si considera il possesso di un box come un indicatore di ricchezza o reddito più elevato, l’effetto finale potrebbe essere regressivo: senza correttivi ulteriori, andrebbe ad appesantire i conti delle famiglie (verosimilmente) meno agiate.

“Ad ora non è possibile avere una fotografia puntuale dei Comuni coinvolti, visto che i regolamenti cambiano da caso a caso”, spiega ancora Ferri. Che però aggiunge: “Nella stragrande maggioranza i conteggi sbagliati riguardano le pertinenze ‘sciolte’ (ovvero quelle possedute da chi risiede in altri Comuni) oppure ‘non unitamente accatastate’ all’abitazione”. Per costoro, “l’aggravio è stato minimo, nell’ordine delle decine di euro”. I problemi maggiori, che possono aver portato al raddoppio della tariffa, “si verificano quando l’ente ha fatto pagare la quota variabile su ciascuna pertinenza, invece che una volta sola. Ma sono pochi”. Secondo il Servizio politiche territoriali della Uil, si può stimare che in media laddove c’è stato questo errore di calcolo il sovrapprezzo della bolletta sia nell’ordine del 5%.

I consumatori continuano ad attaccare: il Codacons chiede che nel giro di due giorni i Comuni pubblichino le modalità corrette di calcolo del tributo ed eventuali errori, l’Unione nazionale che i rimborsi scattino in automatico senza aggravare i contribuenti dell’onere del riconteggio. Una via per restituire il maltolto potrebbe essere la compensazione delle cifre del passato sulle bollette del 2018. Resta un ultimo interrogativo su questo caos. “Ogni anno i regolamenti sulle tariffe vengono inviati dagli enti al Tesoro, che può richiedere modifiche o integrazioni prima della pubblicazione”, dice Ferri. Non a caso, sono poi pubblicati su un portale centralizzato in modo che tutti i cittadini possano risalire agli atti e fare i loro conteggi. Perché nessuno si è accorto di questa difformità tra Comuni e di questi errori?

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