In un mondo automobilistico sempre più orientato verso l’elettrificazione, Smart aveva abbracciato con decisione la visione di un futuro a zero emissioni, presentandosi come un simbolo di innovazione sostenibile. Tuttavia, a volte anche i pionieri devono ricalibrare il proprio percorso per affrontare le sfide del mercato in evoluzione.
E così, il marchio che ha trasformato le città con le sue iconiche microcar si prepara a correggere, in parte, la rotta, riportando i motori a combustione. La notizia segna l’inizio di una strategia che non si limita a guardare l’elettrico puro (BEV), ma esplora soluzioni ibride inedite allo scopo di rimanere competitivo e versatile.
La nuova era
La nuova era di Smart ha preso forma nel 2020, nel momento di trasformarsi in una joint venture tra Mercedes-Benz e il gruppo cinese Geely. Da quel momento, il brand ha riversato gli sforzi solo nelle BEV, quali la #1, la #3 e la large-size #5. Tutte accomunate da un unico obiettivo: promuovere la mobilità green, mediante propulsori a zero emissioni.
Il piano sanciva un punto di svolta, a un anno di distanza dall’addio alle unità a combustione interna. E sembravano ridotte al minimo le chance di un ripensamento, alla luce delle normative disposte nelle sedi politiche europee e globali.
Nonostante l’impegno verso la transizione, l’attuale contesto di mercato costringe ora diversi Costruttori a riconsiderare i propri programmi. La domanda di BEV ha mostrato segni di rallentamento, complice l’aumento dei costi e la concorrenza agguerrita. La competizione globale, unita alla domanda ancora piuttosto frammentaria dell’alimentazione, impone un dietrofront. Pertanto, Smart pare sul punto di diversificare la rispettiva gamma.
Secondo quanto riportato dal sito cinese Autohome, un prototipo semi-camuffato della Smart #5 è stato avvistato durante dei test, in vista dell’esordio in Cina nel 2025, seguito da una probabile uscita su scala planetaria.
Sotto il cofano nascondeva un’unità a benzina da 1.5 litri. Il “cuore pulsante” sarebbe abbinato a un sistema elettrico, per un powertrain di tipo plug-in hybrid (PHEV). La formula potrebbe rappresentare un compromesso ideale tra l’efficienza delle BEV “nude e pure” e la maggiore autonomia garantita dai mezzi a combustione interna.
In tal modo, il produttore supererebbe le criticità del full-electric: le infrastrutture di ricarica ancora limitate e i prolungati tempi di rifornimento. Inoltre, sotto il profilo economico, potrebbe andare maggiormente incontro alle esigenze e ai gusti del pubblico europeo. Nel Vecchio Continente, infatti, le full-electric di matrice cinese sono soggette a dazi doganali, a differenza delle PHEV.
Sulle orme di BYD
Il passo indietro, seppur parziale, di Smart colliderebbe con la missione di sostenibilità promossa dall’azienda negli ultimi anni. Ma, in un’industria soggetta a continui cambiamenti, la mossa è forse inevitabile. E il suo non sarebbe un caso tanto singolare.
BYD, ad esempio, ha smesso di focalizzarsi sull’elettrico. Anche in risposta alle difficoltà incontrate nel conquistare il territorio europeo ha ampliato la relativa offerta alle PHEV. La flessibilità è fondamentale per mantenersi sulla cresta dell’onda, e rispondere alle esigenze di una clientela eterogenea. Rimane da stabilire quale sarà la reazione del pubblico. Ma, se le voci trovassero conferma, la Smart “alla spina” dimostrerebbe la necessità di evolversi in un panorama complesso.