AGI – Se non è un segnale di resa, poco ci manca. Urbano Cairo, da mesi oggetto di contestazione da parte della tifoseria (da quella più calda a quella più pacata) che lo invita ad andarsene, rompe il silenzio e annuncia: “Non voglio rimanere a vita al Torino, ma credo sia giusto lasciarlo a qualcuno più ricco e bravo di me. Nel caso, mi farò da parte”. Proprietario del club granata dal settembre 2005, senza aver mai vinto neppure un micro-trofeo e con una statistica nei derby ai limiti dell’imbarazzante, Cairo ha parlato durante lo ‘Sport Industry Talk’ organizzato da Rcs al MAXXI di Roma. La squadra, che nei primi turni di campionato è stata in testa in classifica dopo 47 anni di astinenza, è finita da tempo in un vicolo cieco. La campagna acquisti, portata avanti dal patron con la collaborazione del diesse Vagnati, ha impoverito ed indebolito l’organico e lo stesso mister Vanoli, che gode ancora della stima della tifoseria, sembra aver perso la bussola.
La società dovrebbe fare un mea culpa per aver sbagliato tutto, ma sul crollo verticale dei giocatori, Cairo glissa e preferisce parlare di altro. Dell’Atalanta, ad esempio, club che fino ad alcuni decenni fa guardava al Torino come a un esempio da seguire. I ruoli ormai si sono rovesciati: “L’Atalanta ha ‘l’X-Factor’, che è Gasperini. Avrei potuto prenderlo nel 2015, quando Ventura stava per lasciare ma poi rimase. Gasperini sarebbe venuto ma aveva un contratto con il Genoa e non lo liberarono”, rivela il presidente granata.
Alcune settimane fa si erano intensificate le voci di un possibile interesse del gruppo RedBull ad acquisire il Torino. Voci che, lo stesso Cairo, aveva subito smentito mostrando in pubblico una certa irritazione. Adesso, forse, il vento sta cambiando. L’imprenditore milanese deve aver preso atto che non gode più di alcuna stima e credibilità, che la contestazione nei suoi confronti a volte rischia di raggiungere picchi di violenza che non si possono certamente giustificare ma che, comunque, lo costringono a disertare lo stadio. I risultati deprimenti collezionati in quasi 20 anni di gestione sportiva fanno il resto.
E parlando proprio delle tensioni interne al calcio, il presidente del Torino fornisce la sua spiegazione: “A volte ci sono tensioni legate a rapporti personali. Ci sarebbe bisogno di una maggiore unità d’intenti, con strategie chiare che coinvolgano tutto il movimento per superare il problema del momento. Lo sport dovrebbe essere aiutato perché contribuiti ne dà. Ci sono diversi modi per farlo, si è parlato molto di tax credit: perché non fare una cosa simile per gli investimenti delle squadre di calcio per i vivai, quindi nello sviluppo dei giovani? Oppure sul tema stadi, se uno pensa a quanto speso dallo Stato per l’eco bonus. Con il 2% di quanto speso, con tre miliardi, pensiamo a quanti stadi si potevano mettere a posto”, conclude Cairo.
AGI – Se non è un segnale di resa, poco ci manca. Urbano Cairo, da mesi oggetto di contestazione da parte della tifoseria (da quella più calda a quella più pacata) che lo invita ad andarsene, rompe il silenzio e annuncia: “Non voglio rimanere a vita al Torino, ma credo sia giusto lasciarlo a qualcuno più ricco e bravo di me. Nel caso, mi farò da parte”. Proprietario del club granata dal settembre 2005, senza aver mai vinto neppure un micro-trofeo e con una statistica nei derby ai limiti dell’imbarazzante, Cairo ha parlato durante lo ‘Sport Industry Talk’ organizzato da Rcs al MAXXI di Roma. La squadra, che nei primi turni di campionato è stata in testa in classifica dopo 47 anni di astinenza, è finita da tempo in un vicolo cieco. La campagna acquisti, portata avanti dal patron con la collaborazione del diesse Vagnati, ha impoverito ed indebolito l’organico e lo stesso mister Vanoli, che gode ancora della stima della tifoseria, sembra aver perso la bussola.
La società dovrebbe fare un mea culpa per aver sbagliato tutto, ma sul crollo verticale dei giocatori, Cairo glissa e preferisce parlare di altro. Dell’Atalanta, ad esempio, club che fino ad alcuni decenni fa guardava al Torino come a un esempio da seguire. I ruoli ormai si sono rovesciati: “L’Atalanta ha ‘l’X-Factor’, che è Gasperini. Avrei potuto prenderlo nel 2015, quando Ventura stava per lasciare ma poi rimase. Gasperini sarebbe venuto ma aveva un contratto con il Genoa e non lo liberarono”, rivela il presidente granata.
Alcune settimane fa si erano intensificate le voci di un possibile interesse del gruppo RedBull ad acquisire il Torino. Voci che, lo stesso Cairo, aveva subito smentito mostrando in pubblico una certa irritazione. Adesso, forse, il vento sta cambiando. L’imprenditore milanese deve aver preso atto che non gode più di alcuna stima e credibilità, che la contestazione nei suoi confronti a volte rischia di raggiungere picchi di violenza che non si possono certamente giustificare ma che, comunque, lo costringono a disertare lo stadio. I risultati deprimenti collezionati in quasi 20 anni di gestione sportiva fanno il resto.
E parlando proprio delle tensioni interne al calcio, il presidente del Torino fornisce la sua spiegazione: “A volte ci sono tensioni legate a rapporti personali. Ci sarebbe bisogno di una maggiore unità d’intenti, con strategie chiare che coinvolgano tutto il movimento per superare il problema del momento. Lo sport dovrebbe essere aiutato perché contribuiti ne dà. Ci sono diversi modi per farlo, si è parlato molto di tax credit: perché non fare una cosa simile per gli investimenti delle squadre di calcio per i vivai, quindi nello sviluppo dei giovani? Oppure sul tema stadi, se uno pensa a quanto speso dallo Stato per l’eco bonus. Con il 2% di quanto speso, con tre miliardi, pensiamo a quanti stadi si potevano mettere a posto”, conclude Cairo.