Alla notizia dell’intesa hanno ripetuto che non cambiano posizione. I parlamentari nordirlandesi sono dieci, sono alleati che tengon oin piedi il governo conservatore di Boris Johnson e quindi i loro voti sono necessari per far passare l’accordo a meno che Johnson non trovi un quanto mai improbabile appoggio fra le opposizioni. Il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn ha infatti già detto che questa intesa è irricevibile: «Se Johnson avrà o meno la maggioranza lo vedremo sabato al voto a Westminster, ma al momento sembra che non abbia il sostegno dei suoi alleati, tra cui il Dup, e noi non sosteniamo questo a accordo. Vedremo cosa accadrà sabato e se non passa l’accordo Johnson dovrà chiedere l’estensione», ha aggiunto Corbyn.
Senza il sostegno del Dup, dunque, difficilmente il Parlamento britannico ratificherà qualsiasi intesa. Foster e Dodds avevano detto in un tweet che avrebbero continuato a lavorare con il governo per arrivare ad un accordo «ragionevole». «Allo stato attuale non possiamo appoggiare ciò che viene suggerito riguardo alle questioni doganali e del “consent” (dell’assemblea locale dell’Irlanda del Nord sull’intesa relativa ai confini irlandesi, ndr), e manca chiarezza sull’Iva», scrivono Foster e Dodds nel tweet.
Cosa non accettano i nordirlandesi
L’accordo Johnson-Ue ricalca quello May-Ue e porta molti benefici alle aziende nordirlandesi – beneficerebbero sia degli accordi Uk-paesi terzi, sia di sconti sulle tariffe che il Regno Unito assicurerebbe loro – ma il Nord Irlanda, ufficialmente parte del Regno Unito, dovrebbe accettare la creazione di una frontiera pur in mare che dividerebbe l’Isola dalla Gran Bretagna, cosa che gli unionisti da sempre fedeli a Londra e ostili al resto dell’isola non vogliono accettare.
Il no del Dup all’accordo sulla Brexit hanno perdere la sterlina, che scivola sull’euro cedendo lo 0,4% e scambiando a 1,1527. La notizia dell’intesa ha elettrizzato le Borse con Milano che ha guadagnato subito l’1 per cento.
Farage, leader del Brexit Party, bocca intesa
La reazione di Nigel Farage, ex leader dell’Ukip e ora leader del Brexit Party, ovvero il neopartito che ha ottenuto il 30 per cento alle elezioni europee dello scorso maggio, non conta nulla per la decisione di sabato a Westminster perché non ha parlamentari ma conta se si pensa al consenso elettorale: Farage boccia questo accordo perché «non rappresenta una vera Brexit», preferisce il rinvio e chiede nuove elezioni politiche.