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Borse Ue positive, petrolio ai massimi dal 2014. Il dollaro consolida i guadagni

Mag 7, 2018

MILANO – Ore 9:30. Apertura di settimana dei mercati all’insegna del balzo del petrolio, che risente delle tensioni geopolitiche e vola ai massimi dal 2014 con il Wti che recupera la soglia di 70 dollari al barile.

I listini europei partono in leggero rialzo e positivi sono anche i future sullo S&P500 di Wall Street. Le linee guida agli investitori arrivano sempre dalla stagione delle trimestrali, che prosegue questa settimana. Milano segna un guadagno dello 0,1% nelle prime battute, Francoforte aggiunge lo 0,05%, Londra resta chiusa e Parigi è poco sotto la pari: pesa il tracollo di Air France che perde a doppia cifra. A Piazza Affari si guarda a Tim, che riunisce il cda dopo il ribaltone in assemblea che ha decretato la vittoria di Elliott su Vivendi.

Quotazioni dell’euro ancora in calo in avvio di settimana a 1,1943 dollari (1,1979 venerdì sera a New York). Nei confronti dello yen l’euro scende a 130,45. Mentre ancora si aspetta un governo, lo spread tra Btp e Bund apre stabile a 124 punti (come venerdì chiusura di giornata). Il rendimento del titolo decennale italiano è all’1,78%. Tra i dati macro in agenda in settimana, spicca quelli americano sui prezzi al consumo che potrebbe alzare le probabilità di un’accelerazione nella stretta monetaria da parte della Fed, qualora emergessero tendenze inflattive più marcate. Oggi, intanto, si segnala che gli ordini all’industria in Germania sono calati a sorpresa dello 0,9% mensile a marzo, dopo il -0,2% di febbraio e contro un atteso +0,6%.

I mercati asiatici hanno chiuso in rialzo una giornata nervosa, mentre il dollaro mantiene i recenti livelli massimi e lascia l’euro sotto quota 1,2. La Borsa di Tokyo ha chiuso piatta, dopo 4 giorni consecutivi di festività: il Nikkei ha perso lo 0,03% a 22.467,16 punti. A fare da freno è stato il rafforzamento dello yen.

Restano nel mirino anche le divise emergenti, che sono al centro di una fase d’indebolimento aggravata dal caos finanziario intorno al peso argentino. Il ministro delle Finanze di Buenos Aires, Nicolas Dujovne, ha detto di confidare nelle misure di stabilizzazione della moneta e nella riduzione della volatilità in vista della riapertura dei mercati, dopo la svalutazione del peso di oltre l’8 percento negli ultimi dieci giorni. “La gente deve stare tranquilla, il mercato dei cambi si è stabilizzato, continuerà con una volatilità inferiore a quella che ha mostrato, l’idea è che la volatilità è bassa”, ha detto Dujovne al canale América la scorsa notte. Il governo ha annunciato una serie di misure, tra cui l’aumento dei tassi di riferimento al 40% e una riduzione l’obiettivo del deficit fiscale dal 3,2 al 2,7 per cento, con un adeguamento della spesa pubblica. Le decisioni hanno avuto qualche effetto e il prezzo della valuta si è un poco risollevato. Il ministro delle Finanze ha ribadito che la svalutazione del peso argentino è avvenuta nel quadro di “un fenomeno di apprezzamento globale del dollaro rispetto al resto delle valute emergenti. Abbiamo un tasso di cambio fluttuante e il peggior errore che potremmo fare è non usarlo quando dobbiamo usarlo” perché un ritardo nella valuta estera “porterebbe alla disoccupazione, alla perdita di competitività”.

Come detto, la crisi in Venezuela e i timori per l’accordo nucleare in Iran fanno volare i prezzi del petrolio. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti salono al top dal novembre 2014 e si attestano a 70,49 dollari (+77 cent) e quelli sul Brent crescono di 82 cent a 75,69 dollari al barile. In Venezuela la produzione petrolifera si è dimezzata a rispetto al 2000 a 1,5 milioni di barili al giorno, per mancanza di investimenti. Le tensioni politiche portano al rialzo anche le quotazioni dell’oro: il lingotto con consegna immediata guadagna lo 0,1% a 1.315,2 dollari l’oncia.

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