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Bologna, Asmae Belfakir torna in tribunale col velo: “La mia è una battaglia giuridica”

Gen 18, 2018

BOLOGNA – Si dice “sconvolta” per quanto accaduto, ma “contenta” per le dimostrazioni di vicinanza e affetto ricevute. Asmae Belfakir, praticante avvocato di 25 anni, oggi è tornata in tribunale (quello ordinario, di Bologna), indossando un hijab, dopo che ieri è uscita in lacrime da un’aula di udienza al Tribunale amministrativo regionale quando il giudice Giancarlo Mozzarelli le ha detto di levarsi il velo, oppure di andarsene.

Lei – marocchina di nascita, arrivata in Italia pochi mesi dopo, il massimo dei voti al liceo e all’Università di Modena e Reggio, dove ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza e lì rimasta per il praticantato presso lo studio legale dell’ateneo – vuole fare del suo caso una battaglia giuridica. “Ho partecipato a tante udienze e una cosa del genere non mi era mai successa”, ribadisce oggi parlando con l’Ansa dal tribunale. “Il cartello e la norma affissa sulla porta del giudice da ieri è su tutti i social network e sotto ci sono tanti commenti che dicono che il giudice ha ragione, ma non è così. Le norme vanno lette, conosciute e interpretate”.

Perché una battaglia giuridica? Perché secondo Belfakir bisogna “capire bene cosa deve fare una donna musulmana che porta il velo e vuole fare l’avvocato e il giudice”. Si aspettava delle scuse? “No, non ne vedo il motivo”.

Alle molte voci in difesa di Asmae Belfakir che si sono fatte udire ieri si aggiunge oggi quella di Emma Petitti, assessore

regionale alle Pari opportunità. “Le aule dei tribunali sono pubbliche e devono essere luoghi aperti a tutti. L’articolo 19 della nostra Costituzione lo dice chiaramente: ‘Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume’. Per cui Asmae non ha violato alcuna legge”.

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