• 24 Novembre 2024 14:06

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BMW contro la rivendita delle auto bruciate, teme per la sicurezza

Lug 5, 2024

Risale a un anno fa esatto il naufragio della nave cargo Fremantle Highway in mare aperto, sulla quale venivano trasportate centinaia di BMW nuove. Dopo che sono state ripescate, una compagnia assicurativa taiwanese ha deciso di cederle a un consorzio di aziende olandesi. Ma, attraverso la propria squadra di avvocati, il Costruttore mira ad annullare l’operazione. In aggiunta ai pericoli sul fronte della sicurezza, è preoccupata che eventuali problemi vadano a colpirne la reputazione.

L’incendio, reo di distruggere la nave e il carico, ha sollevato delle perplessità in merito alla sicurezza dei mezzi a bordo, benché le indagini condotte dalle autorità abbiano smentito tale teoria. Alla prospettiva di eventuali danni non visibili provocati dall’episodio, rei di compromettere la sicurezza delle macchine, la compagnia preferisce scongiurare ogni rischio sul nascere.

La proposta del consorzio

Per impedire la rivendita nel Vecchio Continente, il consorzio ha proposto di esportare le vetture in Paesi con standard di protezione meno rigorosi. Una soluzione inaccettabile secondo BMW, intimorita del danno alla sua immagine e a potenziali gravi ripercussioni sii conducenti in territori dalle legislazioni meno ferree.

Il 15 luglio terrà banco l’udienza in tribunale dove verrà decretato il destino delle auto oggetto della discordia. La questione solleva un sacco di interrogativi, e il pronunciamento degli organi incaricati a esprimersi in materia potrebbe stabilire un grosso precedenti. Sul da farsi incideranno una serie di fattori, a cominciare dall’effettiva sicurezza dei veicoli, se rappresentino un reale pericolo oppure permangano dei dubbi su spiacevoli conseguenze.

Un secondo elemento cruciale consiste nella ripartizione delle responsabilità, tra BMW, la compagnia assicurativa e il consorzio disposto ad acquistare i beni. Qualora dovessero presentarsi dei problemi seri, bisognerebbe conoscere chi se ne assumerebbe la colpa. Infine, sorge un dilemma di carattere etico, ovvero se sia o meno corretto smaltire le automobili anche laddove vi sia la possibilità di ripararle e rimetterle in circolazione senza nessuna ripercussione.

Pro e contro

Sulle auto elettriche tengono un giorno sì e l’altro pure dei contenziosi legati a vari fattori. Negli scorsi giorni, il ventilato bando dei motori a combustione interna (benzina e diesel) fissato dalla Commissione Europea per il 2035 ha scricchiolato. Fin dall’annuncio erano sorti dubbi e perplessità, a causa delle difficoltà nel vendere le auto elettriche (BEV). La barriera del prezzo continua a frenarne la diffusione su vasta scala, e il recente andamento commerciale supporta la teoria. Mentre in Italia i generosi ecobonus stanziati dal Governo nel 2024 hanno permesso di scrivere dei record per quanto riguarda le BEV, in Germania lo stop alle agevolazioni ha determinato una netta contrazione della domanda.

Liquidare in fretta dei mezzi in condizioni integri avrebbe poi un impatto negativo sull’ecosistema. Oltre all’attuale questione di dove e come demolirle, sempre attuale, sugli accumulatori occorrerebbe andarci cauti. In uno studio presentato dalla prestigiosa università di Harvard è emerso, infatti, che fabbricarli determina tanto smog. E prima di compensarlo vanno percorsi tra i 45.000 e i 109.000 km, in base al modello utilizzato. Disfarsene a cuor leggero significa commettere un sopruso nei confronti del Pianeta, che già non naviga in acque tranquille.

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