• 8 Dicembre 2025 10:15

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Blocco auto diesel Euro 5, Salvini vuole evitarlo

Giu 11, 2025

C’è una data cerchiata in rosso sui calendari di milioni di italiani del Nord: 1° ottobre 2025. Quel giorno, se nulla cambierà, oltre un milione di auto diesel Euro 5 rischieranno di rimanere ferme ai margini della strada. Un’ecatombe motorizzata in piena regola, con conseguenze sociali ed economiche che già adesso iniziano a far tremare i polsi. Ma c’è chi non intende restare a guardare: Matteo Salvini e la Lega si preparano a guidare l’ennesima battaglia, stavolta contro un divieto che definiscono “ideologico e punitivo”.

In difesa dei cittadini che hanno bisogno dell’auto

Il vicepremier non usa mezzi termini. “La sostenibilità non può diventare una condanna per chi prende l’auto, la moto o il furgone per andare a lavorare. Queste sono follie che avvantaggiano altri mercati, non l’ambiente”, ha tuonato. Una posizione che ribadisce, con fermezza, la linea del partito: difendere i cittadini dalle derive ecologiste a senso unico, quelle che colpiscono il popolo mentre fanno sorridere le multinazionali dell’auto elettrica.

Il tema è noto: nel 2023 il Consiglio dei ministri stoppò il blocco diesel Euro 5 deciso dal Piemonte, imponendo alle Regioni del bacino padano – Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – di aggiornare i propri Piani per la qualità dell’aria. L’intesa era chiara: blocco rinviato, ma non annullato. E dal 1° ottobre 2025, almeno nei comuni sopra i 30mila abitanti, il divieto tornerà come una scure.

Il blocco è cosa effettiva

Ecco allora che le quattro Regioni si sono mosse. Il Piemonte ha approvato l’aggiornamento del Piano a dicembre, confermando il blocco nei grandi centri urbani. La Lombardia seguirà a tappe: dal 2025 per le autovetture, dal 2026 per i veicoli leggeri commerciali, fino al 2027 per tutti gli altri. Una tempistica che non cambia la sostanza: chi guida un diesel Euro 5 sarà tagliato fuori.

Secondo l’Anfia (Associazione filiera industria automobilistica), le auto diesel Euro 5 in circolazione in Italia sono oltre 3,7 milioni. Un’enormità, se si pensa che rappresentano circa un decimo del parco circolante nazionale. E non stiamo parlando di ferrivecchi: si tratta di veicoli immatricolati dopo il 2011, acquistati da famiglie, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori. Gente che oggi, con l’inflazione che corre e gli stipendi che arrancano, non può permettersi di cambiar macchina per decreto.

La spaccatura politica

Ecco allora il nuovo fronte leghista. Salvini torna in pressing, spalleggiato da amministratori locali e assessori regionali. “Siamo impegnati, a livello locale e nazionale, per scongiurare il blocco”, fa sapere il partito. E la Regione Lombardia chiede apertamente di rimettere tutto in discussione con Bruxelles: “Non possiamo essere gli unici in Europa a imporre un blocco così pesante”, denuncia l’assessore all’Ambiente, ricordando che oltre mezzo milione di veicoli solo in Lombardia sarebbero coinvolti.

Una preoccupazione condivisa anche da molte associazioni di categoria e sindacati del trasporto: perché, se il principio può anche essere condivisibile – aria più pulita, città più vivibili – il metodo è tutt’altro che equo. In pratica, si colpisce chi non ha alternative. Chi non può permettersi l’elettrico o l’ibrido. Chi vive lontano dalle città, chi lavora con il mezzo proprio. Chi, per intenderci, non guida per piacere ma per necessità. La Lega rilancia dunque la sua narrazione: ambiente sì, ma senza ideologia. Con un occhio alla scienza, certo, ma anche al portafogli e al buon senso.

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