REGGIO CALABRIA. In silenzio hanno costruito un impero, e i loro tentacoli arrivavano ovunque, dalla politica alla pubblica amministrazione. Diciassette persone, ritenute appartenenti o vicine allo storico casato mafioso dei Libri di Reggio Calabria, sono state arrestate questa notte dalla Squadra mobile di Reggio Calabria. Fra loro ci sono anche diversi politici, attivi in ambito cittadino e regionale e in entrambi gli schieramenti.
Si tratta di Alessandro Nicolò, ex capogruppo di Forza Italia oggi passato a Fratelli d’Italia, di cui è anche coordinatore regionale, arrestato e condotto in carcere; Sebastiano Romeo, capogruppo del Pd in consiglio regionale, finito ai domiciliari; mentre è indagato a piede libero Demetrio Naccari Carlizzi, ex consigliere regionale e uomo forte dell’area renziana del Pd, nonché cognato del sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà.
Forte di un enorme bacino di voti, attraverso i propri uomini, fra cui diversi imprenditori di fiducia, i Libri interloquivano con i politici di tutti gli schieramenti, cui offriva appoggi e consensi in cambio di appalti, favori ed entrature. Alle regionali del 2014 però, secondo gli investigatori il clan aveva scelto Nicolò di Forza Italia come proprio candidato. E l’allora aspirante consigliere regionale non avrebbe esitato a chiedere appoggi, offrendo in cambio posti di lavoro e favori a uomini notoriamente appartenenti al clan. Nicolò – sostengono i magistrati Stefano Musolino e Walter Ignazzitto della procura antimafia di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri – era in tutto e per tutto un associato, un politico costruito a tavolino dai clan. Fatti provati, documentati, tanto da spingere il giudice per le indagini preliminari ad autorizzare l’arresto per il politico.
Sono accuse – e anche pesanti – ma rimane indagato a piede libero Demetrio Naccari Carlizzi. Per gli investigatori, l’ex consigliere avrebbe stretto uno “stabile, solido e proficuo” accordo con i clan più importanti per la città di Reggio Calabria in occasione delle elezioni comunali e regionali, “chiedendo per sé e per i candidati indicati i voti raccolti dai rappresentanti di ‘ndrangheta”. Per Seby Romeo, finito ai domiciliari, l’accusa invece è di aver corrotto un funzionario della Corte d’appello di Reggio Calabria, il maresciallo della Guardia di Finanza, Francesco Romeo. Questi, chiedeva a Sebi Romeo di far assumere una persona in una locale impresa di trasporti ed autolinee ed in cambio gli prometteva di fornirgli informazioni, coperte da segreto istruttorio, relative a procedimenti pendenti presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria.
Insieme a loro, in manette sono finiti noti imprenditori apparentemente irreprensibili e formalmente slegati dal contesto mafioso, in realtà alle dipendenze del clan come veri e propri associati o concorrenti esterni. Fra loro ci sono anche l’ex assessore comunale Demetrio Berna e il fratello Francesco, titolari di una delle imprese di costruzioni più importanti della città e pezzi da novanta della locale Confindustria. In carcere è finito anche un noto avvocato, Giuseppe Putortì, in passato prima condannato poi assolto dall’accusa di aver favorito i boss che assisteva come legale. Per gli inquirenti, nel tempo era diventato un elemento fondamentale per il clan Libri, del quale avrebbe curato interessi e relazioni.
“Le notizie relative all’operazione anti ‘Ndrangheta contro il clan Libri impongono un serio intervento del #Pd nazionale in #Calabria. Mi autosospendo dal partito fino a quando non si farà chiarezza”. Così il Senatore ed ex commissario calabrese del Pd, Ernesto Magorno.