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BIG Bell Test, la meccanica quantistica ha bisogno di voi

Nov 29, 2016

Il 30 novembre avremo tutti l’opportunità di partecipare al test più avanzato della meccanica quantistica, svolgendo un divertente gioco online: ecco di che cosa si tratta e come partecipare a questa occasione da non perdere. La meccanica quantistica, introdotta dai fisici ormai quasi un secolo fa per descrivere il mondo microscopico, predice fenomeni affascinanti e incredibili ai nostri occhi, abituati a guardare il mondo macroscopico.

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Foto: ©agsandrew / Depositphotos

Nonostante la sua interpretazione metta ancora oggi in difficoltà i fisici, questa incredibile teoria continua a essere confermata dagli esperimenti e, negli ultimi decenni, ha fornito gli ingredienti per sviluppare una nuova generazione di tecnologie, capeggiate dal computer quantistico.

Ma una teoria così poco intuitiva, che dà origine a paradossi come il celebre gatto di Scrödinger, è veramente necessaria per descrivere la Natura? La risposta ce la può dare un tipo di esperimento noto come test di Bell. Nel corso degli anni sono state effettuate versioni sempre più accurate di questo test, che hanno più o meno confermato che la Natura obbedisce alla meccanica quantistica, ma le insidie sono sempre dietro l’angolo. Basta un dettaglio a rendere opinabile il risultato di un esperimento così sofisticato.

Quest’anno i fisici hanno progettato una versione estremamente innovativa, che hanno chiamato The BIG Bell Test. L’iniziativa, coordinata dall’ICFO (The Institute of Photonic Sciences) di Barcellona e che coinvolge anche l’Università di Roma La Sapienza e il Politecnico di Milano, prevede una serie di esperimenti in laboratori all’avanguardia sparsi nei centri di ricerca di tutto il mondo e un nuovo tipo di generatore di numeri casuali: tutti noi!

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Tutti possono partecipare all’iniziativa collegandosi il30 novembre al sito del progetto e cimentandosi nei giochi proposti. In questo modo forniremo una sequenza di bit casuali e totalmente scorrelati tra loro che, tramite un’infrastruttura cloud, verranno inviati in tempo reale ai laboratori, che li useranno per effettuare il test con metodologie differenti e con apparati sperimentali allo stato dell’arte.

Ma perché è richiesta questa mole di numeri casuali, e perché usare le persone come generatori? Per capirlo dobbiamo addentrarci un pochino nella fisica del test di Bell e parlare dell’entanglement quantistico, uno dei fenomeni più assurdi della meccanica quantistica. L’entanglement, che possiamo tradurre con “ingarbugliamento”, si ha quando due (o più) particelle, ad esempio fotoni o elettroni, che sono venute a interagire in qualche modo, non possono essere descritte indipendentemente l’una dall’altra, anche se poste a distanze infinitamente grandi (appunto, si sono ingarbugliate tra di loro!). Nel momento in cui una delle due particelle viene osservata con un esperimento, istantaneamente l’altra particella risente dell’operazione di misura, ovunque essa sia.

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Albert Einstein, uno dei padri della meccanica quantistica, riteneva paradossale l’esistenza dell’entanglement e sosteneva con forza che la teoria fosse sbagliata o incompleta. Assieme a Boris Podolski e Nathan Rosen, nel 1935 formalizzò questo paradosso (noto come paradosso EPR). Questa “inquietante azione a distanza”, come la chiamava lui, contrasta con due proprietà per lui irrinunciabili per spiegare il mondo in cui viviamo: la località e il realismo. Con la prima intendiamo dire che oggetti distanti possono influenzarsi solo a una velocità inferiore a quella della luce, e non istantaneamente; con il secondo, intendiamo che un oggetto ha delle proprietà ben definite anche se non lo stiamo osservando (la Luna è lì, con i suoi crateri, anche se noi non la stiamo guardando). In effetti, sembrano richieste ragionevoli per una teoria fisica! Per Einstein doveva esserci qualche variabile nascosta, a noi ancora sconosciuta, che spiegasse la predizione della meccanica quantistica all’interno di una teoria locale e realistica.

Nel 1964 il fisico britannico John Bell tradusse la posizione filosofica di Einstein in una descrizione matematica precisa. Dimostrò inoltre che una teoria che ammette il “realismo locale” è incompatibile con la meccanica quantistica. E in particolare formulò una disuguaglianza (la disuguaglianza di Bell, appunto),riguardante la statistica di una serie di misure su un sistema di due particelle, che è verificata per qualsiasi teoria locale e realistica, mentre risulta falsa per la meccanica quantistica. Bell ha quindi fornito una ricetta per stabilire sperimentalmente se Einstein avesse ragione o se, invece, abbiamo necessariamente bisogno della meccanica quantistica per descrivere la Natura: il test di Bell.

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John Bell spiega la sua disuguaglianza al CERN, 1982

Ma vediamo più nel dettaglio come mettere alla prova la disuguaglianza di Bell. Due ricercatori, che, come da tradizione, chiamiamo Alice e Bob, dispongono di due apparati sperimentali identici che permettono di misurare una certa proprietà delle due particelle. L’esperimento può essere fatto su molti sistemi fisici: spin elettronici, atomi, circuiti superconduttori, eccetera, e il BIG Bell Test si occuperà di tutti questi sistemi. Noi concentriamoci ad esempio sulla polarizzazione dei fotoni, le particelle di campo elettromagnetico: la polarizzazione è la direzione lungo cui oscilla il campo elettrico e può essere in qualsiasi direzione nel piano perpendicolare al raggio di luce.

Alice e Bob sono a una distanza tale che le misure che effettuano, se ha ragione Einstein, non possano influenzarsi a vicenda, perché la luce impiega troppo tempo per viaggiare da uno all’altro. Tra i due apparati c’è una sorgente di coppie di fotoni. Tipicamente viene usato un particolare cristallo, colpito da un laser a una specifica lunghezza d’onda. I fotoni generati da questo cristallo sono entangled (secondo la meccanica quantistica) e hanno la stessa direzione di polarizzazione, ma non possiamo conoscerla finché non facciamo la misura. Ogni volta che una coppia viene generata, un singolo fotone arriva ad Alice e l’altro arriva a Bob.

L’apparato di cui dispongono Alice e Bob può misurare lo stato di polarizzazione del fotone rispetto a una certa direzione nel piano. Ad ogni fotone che arriva, l’apparecchio restituisce un +1 se il fotone ha la polarizzazione parallela alla direzione scelta, -1 se la polarizzazione è ortogonale. Se la polarizzazione è a un angolo intermedio, l’apparato fornisce +1 o -1 con una probabilità che dipende dall’angolo.

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Fonte: thebigbelltest.org

Alice può misurare la polarizzazione lungo due direzioni. Bob a sua volta può scegliere tra altre due direzioni, studiate opportunamente. Ogni volta che viene generata una coppia di fotoni, Alice e Bob scelgono, in modo casuale e indipendente, una delle due direzioni di misura e annotano i risultati. Ripetono l’esperimento migliaia di volte e avranno ciascuno due sequenze di +1 e -1, relative alle varie direzioni di misura.

Alla fine dell’esperimento Alice e Bob fanno un’analisi statistica della correlazione tra i loro risultati, cioè il grado di similitudine delle sequenze di +1 e -1 che hanno ottenuto (i conti sono semplici, ma noiosi!). Abbiamo visto che se due particelle sono in uno stato entangled, la misura dello stato di una delle due si ripercuote istantaneamente sullo stato dell’altra. Questo causerà inevitabilmente una maggiore correlazione tra i risultati di Alice e Bob. La disuguaglianza di Bell pone un limite a questa correlazione: se è soddisfatta, vuol dire che lo stato del sistema può essere descritto senza l’uso della meccanica quantistica. Ma se il risultato ottenuto supera questa soglia, allora lo stato è entangled e deve necessariamente essere descritto con la meccanica quantistica!

Come dicevamo, molte insidie si nascondono nella realizzazione pratica dell’esperimento. Bisogna che le correlazioni tra le due misure derivino esclusivamente dallo stato della coppia di particelle quantistiche e non da altre componenti dell’esperimento: i due apparati di misura, ma anche la strumentazione elettronica e le connessioni, devono essere progettati e assemblati accuratamente. Nel corso degli anni sono stati effettuati esperimenti via via più sofisticati per correggere tutti i problemi evidenziati. L’ultimo è stato effettuato nel 2015 a Delft (Olanda) ed è pubblicato su Nature (e anche disponibile su arXiv per chi volesse approfondire) ed ha ancora una volta confermato la validità della meccanica quantistica.

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L’apparato di misura del gruppo di Delft (http://qutech.nl/hanson-labloophole-free-bell-test)

Ma c’è ancora una componente problematica, ed è la scelta delle direzioni di misura, operata da parte di Alice e Bob. È fondamentale che questa sia fatta in modo casuale e imprevedibile, altrimenti le correlazioni trovate da Alice e Bob non sarebbero genuinamente quantistiche. Come facciamo ad essere certi che le sorgenti di numeri casuali utilizzati abbiano queste caratteristiche? Negli esperimenti svolti fino ad oggi sono stati usati come generatori sistemi fisici il cui comportamento non è predicibile (ad esempio decadimenti atomici). Ma siamo sicuri che i due generatori di Alice e Bob, situati nello stesso laboratorio, non siano in qualche modo collegati tra loro, magari da variabili nascoste, come ipotizzato da Einstein, e quindi prevedibili?

L’idea del Big Bell Test è quella di usare le persone come sorgenti di numeri casuali. Se assumiamo che esista il libero arbitrio, tutti noi siamo sorgenti autonome, indipendenti e imprevedibili di numeri casuali, e per di più ci troviamo a centinaia o migliaia di km l’uno dall’altro e non possiamo influenzarci a vicenda. È veramente difficile poter pensare a un sistema più affidabile di questo per far scegliere le direzioni di misura ad Alice e Bob!

Quindi il 30 novembre colleghiamoci tutti al sito del progetto e tramite il gioco generiamo le nostre sequenze di bit casuali. Abbiamo un’occasione unica e divertente per partecipare in prima persona all’ultimo, più avanzato test della meccanica quantistica.

Matteo Rossi è laureato in Fisica a Parma ed è dottorando nel gruppo di Applied Quantum Mechanics dell’Università degli Studi di Milano. Si occupa di metrologia quantistica, ovvero di utilizzare le proprietà quantistiche dei sistemi microscopici per migliorare la precisione delle misure. Inoltre, studia l’interazione dei sistemi quantistici con l’ambiente esterno e i suoi effetti sulle correlazioni quantistiche. È autore di 5 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali.

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