“Chi vuole manifestare può farlo responsabilmente, qui non c’è un nemico, ma non bisogna mai travalicare nella violenza. A quel punto saranno i rettori a stabilire quando e dove chiedere l’intervento delle forze dell’ordine”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini a margine dell’incontro con la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui). Una riunione straordinaria fortemente voluta dal ministro dopo che negli scorsi giorni le proteste di un gruppo di studenti pro Palestina dell’università di Napoli Federico II avevano impedito al direttore di Repubblica Maurizio Molinari di intervenire durante un convegno organizzato dall’ateneo campano e in seguito annullato. Analogo trattamento era stato riservato una settimana prima al conduttore di La7 David Parenzo contestato da alcuni studenti della Sapienza nel corso di un incontro in cui il giornalista avrebbe dovuto prendere la parola.
Il clima di tensione che sta attraversando gli atenei italiani si è fatto sempre più caldo negli ultimi mesi, tanto da rendere necessario l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, dopo i fatti di Napoli, ha lanciato un appello per “bandire l’intolleranza dall’università”. Nel corso del tavolo organizzato dal ministro non si è trovato però spazio per affrontare un’altra questione che negli scorsi giorni è entrata nei senati accademici: il boicottaggio degli atenei israeliani. A destare scalpore è in particolare la decisione dell’università di Torino – la prima in Italia a prendere una posizione simile – di bloccare la collaborazione con alcuni istituti di ricerca e università d’Israele.
La scelta dell’ateneo torinese, arrivata dopo la richiesta di alcuni collettivi studenteschi di aderire alla lettera firmata da quasi 1.800 docenti e ricercatori in cui si chiedeva di sospendere il bando di cooperazione, potrebbe non rimanere isolata. Ieri, nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’università di Bologna infatti, alcuni studenti – tra cui la rappresentante del consiglio studentesco – hanno accusato l‘Alma mater di avere “molti accordi con aziende legate al mondo bellico e complici con il genocidio del popolo palestinese”. I manifestanti hanno così chiesto all’Unibo “la recessione immediata di tutti gli accordi di cooperazione con Israele”.
Dal canto suo il rettore Giovanni Molari non sembra disposto a seguire la strada intrapresa dall’università di Torino. “Noi non intendiamo sospendere alcun bando”, dice al Foglio. “Il senato accademico dell’Alma mater ha approvato all’unanimità una delibera che sollecita gli organi preposti a chiedere l’interruzione dei conflitti, si impegna a supportare gli studenti palestinesi e ad avviare un monitoraggio degli accordi con aziende israeliane attualmente in corso”. Una decisione motivata dalla “responsabilità dell’ateneo di dar conto dei rapporti che intrattiene con altri partner”, spiega il rettore, che esprime un certo rammarico per alcune parole utilizzate durante la cerimonia di apertura dell’anno accademico. “Io avrei preferito un linguaggio diverso. Quella di ieri era un’occasione per parlare dei problemi universitari ed è stata usata per portare temi politici. Mi è dispiaciuto che alla fine di università si sia parlato molto poco”.