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Autogol di Fastweb. Il Giurì della Pubblicità la censura: “Offerta senza costi nascosti? Non è vero: ci sono”

Gen 10, 2018

ROMA – Gli autogol, oltre che nel calcio, prendono corpo nelle offerte commerciali e nella pubblicità. Chiedere a Fastweb che, nell’ultima campagna pubblicitaria, ha puntato tutto sulla trasparenza della sua nuova tariffa per i cellulari. Peccato che il Giurì della Pubblicità – cioè la sentinella dell’Istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria – bocci adesso alcuni spot di Fastweb proprio perché nascondono due costi occulti dell’offerta commerciale.

La campagna pubblicitaria di Fastweb non è passata inosservata (anche perché gli spot sono passati, sulle varie reti tv, anche 173 volte al giorno). Un primo spot – trasmesso in televisione e anche attraverso i social network, sia pure con alcune varianti – mostra l’equipaggio di una compagnia aerea che avverte i passeggeri. Entrare a bordo, andare in bagno, finanche vomitare: i viaggiatori dovranno pagare tutto questo, per effetto dei famosi costi nascosti. Un secondo spot fa vedere invece una persona (Piero) che partecipa a una seduta di alcolisti. E’ finalmente felice perché si è liberata della schiavitù delle compagnie telefoniche che prosciugavano il suo credito e quello dei suoi cari.

Pagare se si vomita in aereo: la provocazione dello spot di Fastweb

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Fastweb – con questa campagna ironica e aggressiva – voleva accreditarsi come l’unico operatore davvero leale. La sua offerta per i cellulari – con 8 giga di traffico e chiamate illimitate in cambio di 9.95 euro ogni quattro settimane – non nascondeva alcuna spesa aggiuntiva. Questa la promessa.

Ora, i concorrenti di Fastweb (in particolare Vodafone, Wind Tre e a seguire anche Telecom) non hanno preso bene questa campagna che li dipingeva, sia pure indirettamente, come i brutti e i cattivi del mercato telefonico. Per questo hanno denunciato Fastweb al Giurì della Pubblicità e hanno incassato una sostanziale vittoria.

Nella sua pronuncia, il Giurì ricorda che qualsiasi pubblicità – quando fa leva sul “prezzo come strumento di concorrenza” – deve segnalare al cliente “tutte le voci di costo del servizio”. Per questo motivo, non rispetta le norme una campagna che tace “singole componenti del prezzo stesso”. Fastweb commette proprio questo errore perché dimentica di dire al cliente che l’attivazione della sim telefonica gli costerà una spesa una tantum di 5 euro e una ricarica iniziale di almeno 15 euro, obbligatoria.

Autogol di Fastweb. Il Giurì della Pubblicità la censura: Offerta senza costi nascosti? Non è vero: ci sono

Negli spot Fastweb rimanda ad altre “fonti informative” che avrebbero esplicitato tutti i costi. Parliamo del numero 146, del sito, dei punti vendita. Ma il Giurì lamenta che lo spot manca di un qualsiasi segnale, anche solo di un asterisco, che indirizzi le persone verso questi strumenti o luoghi dove informarsi di più. Fastweb omette anche di dire – attraverso gli spot e attraverso i cartelloni in strada – che l’offerta è in piedi soltanto fino al 20 gennaio 2018 quando “la data di scadenza di una promozione è indicazione essenziale nel messaggio pubblicitario”.

E ancora. Fastweb fa sapere, con la sua campagna, che il 68% degli italiani dichiara di pagare per servizi non richiesti. Fonte di questo dato è una indagine del “Reputation Institute”. Ora il Giurì non sta lì a giudicare la fondatezza di questa indagine. Osserva però che un elemento supponiamo vero – l’insoddisfazione degli italiani per la scarsa trasparenza delle società della telefonia – finisce per supportare uno spot sleale, amplificandone gli effetti.

Il Giurì rispetta gli elementi ironici degli spot, quantomeno della loro versione televisiva. E i concorrenti di Fastweb hanno torto quando si sentono bersaglio di una campagna diretta di denigrazione. Non corretti sono questi stessi spot nella loro versione social. Sui social, gli spot indicano esplicitamente le altre compagnie telefoniche come soggetti furbeschi e sleali. Sui social, dunque, le altre compagnie telefoniche sono effettivamente denigrate.

Intanto che andava avanti il “processo” davanti al Giurì, Fastweb ha corretto la sua campagna pubblicitaria cercando di rendere le informazioni più trasparenti. Ma la “condanna” del Giurì è arrivata lo stesso e obbligherà Fastweb a interrompere la campagna nei suoi contenuti illegittimi. Su un quotidiano nazionale, a sue spese Fastweb dovrà anche rendere note – sia pure in sintesi – le motivazioni della pronuncia di condanna.

@aldofontanarosa

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