Introdotta il 1° marzo 2019, per poi essere abolita il 31 dicembre 2021, la cosiddetta ecotassa torna a infestare le notti dei conducenti italiani. Nella fattispecie, i proprietari di auto importate usate dall’estero, appartenenti alla categoria M1, poi reimmatricolati una volta arrivati nella nostra penisola. In queste ultime settimane l’Agenzia delle Entrata ha inviato delle notifiche per la riscossione, il che, come spesso accade quando si toccano i risparmi dei cittadini, ha provocato una serie di polemiche.
Le lettere ricevute hanno suscitato scalpore tra gli automobilisti interessati, molti dei quali ignoravano la normativa. Qualcuno ha pensato addirittura a uno scherzo (o, per meglio dire, una truffa), ma la misura fiscale esiste davvero. E persegue un preciso scopo: disincentivare l’acquisto di veicoli particolarmente impattanti sull’ambiente. Pertanto, abbiamo pensato che potesse essere utile fare un’ampia panoramica della materia, analizzandola in tutte le sue principali sfaccettature.
Misure ambientali
Se il bando dei motori a combustione interna (diesel e benzina) è un argomento caldo soprattutto oggi, già in passato il Governo aveva tentato di introdurre alcune misure ambientali. In particolare, l’esecutivo allora in carica aveva introdotto, mediante la legge di Bilancio 2019, la cosiddetta ecotassa. Concepita in modo progressiva, prendeva a riferimento le emissioni di anidride carbonica registrate all’immatricolazione, applicandosi non solo ai mezzi nuovi, bensì anche al mercato di seconda mano. Per quelli con valori superiori a una soglia definita, la tassa variava da un minimo di 1.100 euro a un massimo di 2.500 euro, in base al livello di emissioni.
La tassa veniva, in particolare, addebitata a chiunque acquisti e registri in Italia un’automobile di categoria M1 che superi le soglie previste. Il provvedimento adottato dalle autorità serviva a contenere l’emergenza smog, che colpiva (e colpisce) soprattutto le grandi città, ma non solo. Sebbene la legge di Bilancio non menzionasse esplicitamente i veicoli usati importati da altri Paesi, la circolare dell’Agenzia delle Entrare del 28 febbraio 2019 lo ha puntualizzato: “Per quanto riguarda il requisito dell’acquisto – recita la Risoluzione n. 32/E -, rileva anche l’acquisto del veicolo nuovo effettuato all’estero purché acquisto e immatricolazione avvengano nell’arco temporale individuato dalla disposizione in commento”. Ora è il momento di battere cassa.
Come regolarizzare la posizione
Quando si riceve la comunicazione dall’Agenzia delle Entrate, è importante procedere con attenzione per verificare se si è effettivamente soggetti al pagamento dell’imposta. Le fasce di CO2 sono suddivise in intervalli, ciascuno associato a un importo specifico. La lettera contiene ogni informazione necessaria a valutare la propria situazione, ma è opportuno confrontare i dati della vettura con quelli indicati nella comunicazione.
All’interno del libretto di circolazione, nel riquadro 2, al punto V.7, è riportato il valore delle emissioni di CO2 dell’auto. Il dato è essenziale per determinare se si rientra nelle fasce soggette all’ecotassa. Una volta identificato, va, appunto, confrontato con le soglie stabilite dalla normative in vigore al momento dell’immatricolazione del veicolo in Italia.
In caso affermativo, il versamento indicato va effettuato entro il termine riportato dalla comunicazione in maniera da regolarizzare la relativa posizione con l’Agenzia delle Entrate, evitando eventuali sanzioni o interessi di mora dettati da un pagamento tardivo.