Il petrolio può rilanciare lo spumante. Può sembrare assurdo accostare i profumi del vino con gli odori del greggio ma il crescente successo dell’Asti spumante e soprattutto del Moscato d’Asti negli Stati Uniti non è sufficiente per compensare le brusche frenate registrate su mercati come quello russo, penalizzato dal crollo del prezzo del petrolio più ancora che dalle sanzioni e dall’embargo. Per questo la risalita del prezzo del greggio può riaprire le porte di Mosca alle bottiglie piemontesi.
“La Russia – spiega Giorgio Bosticco, direttore del Consorzio per la tutela dell’Asti – era diventata la prima destinazione dell’Asti nel 2013 e 2014, con 15 milioni di Asti spumante acquistate ogni anno”. Ed aveva superato la Germania dove si era passati dai 20 milioni di bottiglie del 2011 a meno di 10milioni negli ultimi due anni. Invece la riduzione del potere d’acquisto dei russi ha portato ad una contrazione del 40%.
Sono così aumentate le scorte, da una media di 250mila ettolitri ai 400mila ettolitri di quest’anno.
Bosticco, comunque, resta ottimista sulle possibilità di ripresa. Quest’anno la vendemmia ha visto la raccolta di uve di altissima qualità, sane, profumate, con un’ottima gradazione alcolica. Con una produzione di 95 quintali per ettaro per l’Asti e di 78 quintali per il Moscato su una superficie di quasi 10mila ettari.
Nell’ultimo anno sono state vendute circa 84 milioni di bottiglie, tra Asti Spumante (54 milioni) e Moscato tappo raso (30 milioni). E se l’Asti incontra difficoltà, il Moscato continua a crescere, soprattutto negli Usa che assorbono i due terzi della produzione. “Nel 2006 si vendevano negli Stati Uniti circa 2 milioni di bottiglie, ora siamo a 20 milioni e nel primo semestre di quest’anno a fronte della stabilità nelle vendite di moscati americani o australiani”. Ma gli Stati Uniti, così come la Russia, considerano l’Asti ed il Moscato come prodotti premium. Garantendo ritorni economici superiori rispetto all’Italia. A Mosca l’Asti ha un prezzo 4 volte superiore a quello delle bottiglie sugli scaffali italiani e negli Usa una bottiglia di Moscato vale circa 12 dollari. Così il prodotto piemontese ha il 6% del mercato in termini di volumi ma si sale al 13% in valore.
“Proprio il successo ottenuto in questi Paesi, ma anche in Corea o Grecia, dimostra – conclude Bosticco – che Asti e Moscato hanno ampi margini di crescita in gran parte del globo. Dobbiamo solo farci conoscere per farci apprezzare maggiormente”.