Alla fine della scorsa estate Bosch ha fatto una sconcertante rivelazione. Il comunicato dell’industria tedesca, reso noto il 31 agosto scorso, inizia testualmente con queste parole: “Lo sapevate che anche i motori a benzina più avanzati sprecano circa un quinto del carburante? Soprattutto ad alti regimi parte della benzina viene utilizzata per il raffreddamento anziché per la propulsione… in particolare quando si guida in autostrada. E prosegue: “Al motore non deve essere consentito di surriscaldarsi. Per impedire che ciò accada, in quasi tutti i motori di oggi viene iniettato carburante in più, che evapora raffreddando le parti calde.”
Ma come? Non si era sempre detto che la sonda Lambda era la sentinella dell’ecologia, il guardiano dell’inquinamento, perché regolava l’iniezione in modo che la miscela fosse sempre perfetta, con aria e benzina in rapporto chimicamente corretto? Sì, doveva essere così, ma i tecnici più preparati sapevano che non era vero, anche se in molti, tra costruttori e burocrati di Bruxelles, ci hanno voluto credere.
L’incolumità delle valvole
La verità è contenuta nella frase della Bosch: “Ai motori non deve essere consentito surriscaldarsi”. E tale affermazione è risuonata in tutte le riunioni degli anni Ottanta fra tecnici, ecologisti e burocrati per definire i limiti delle emissioni (e le modalità per misurarle). Di fatto, la strada scelta come normale e ovvia, ma mai confessata apertamente, è stata quella di consentire ai motori a benzina di arricchire “QB” la miscela. Ovvero “quanto basta” ad evitare il surriscaldamento. Il che significa che, quando si utilizzano i motori al di fuori delle misere e blande condizioni richieste nel ciclo di misura, dagli iniettori viene immessa più benzina di quanta ne servirebbe al semplice e regolare ciclo di combustione.
In termini tecnici, per raffreddare e mantenere l’incolumità delle valvole arricchendo la miscela con benzina in eccesso nei punti ritenuti pericolosi è necessario aggirare la sentinella preposta a evitare che questo accada – la sonda Lambda – e dotando la mappa dell’iniezione di tutte le memorie necessarie a raggiungere lo scopo.
Qualcuno obietterà che c’è sempre la marmitta catalitica che brucia tutto quanto immesso, anche se in eccesso. Sì, ma se non c’è ossigeno a sufficienza (compito assicurato proprio dalla sonda) la combustione è incompleta. E benzina incombusta significa idrocarburi non completamente ossidati, cioè una famiglia di composti HC particolarmente stabili e resistenti alla combustione, che non godono proprio di buona fama. Ne fanno parte il benzene, il toluene e lo xilene, ovvero gli idrocarburi aromatici, confluiti in massa nelle benzine alla fine degli anni Ottanta per sostituire la funzione antidetonante, svolta in precedenza dal piombo. Oggi il limite per il benzene è fissato all’1%, mentre il totale degli aromatici può toccare il 30%, ma agli inizi degli anni Novanta il benzene arrivava al 5% e gli aromatici al 60%.
La favola della benzina verde
Si giunse a limitarne l’impiego dopo una lunga battaglia. Alcuni lettori forse ricordano le inchieste di chi scrive (allora caporedattore di Quattroruote) per denunciare la mistificazione che governi, petrolieri e ambientalisti disinformati stavano attuando dal 1988 in Europa per la diffusione della benzina senza piombo (ribattezzata con faciloneria “benzina verde”) anche per le auto prive di marmitta catalitica. Una battaglia vinta in tutta Europa solo nel 1993 con una direttiva comunitaria che, appunto, stabilì i nuovi limiti. Ma non riuscì a eliminare del tutto gli aromatici.
II fatto che questi idrocarburi siano molto stabili significa che nei gas di scarico se ne trovano percentuali più elevate di tutti gli altri componenti della benzina (che sono un centinaio), ma significa anche che il corpo umano non li conosce, non li trasforma e che li accumula. Onde la loro pericolosità. Ancora peggiori sono i figli degli aromatici: benzopirene, crisene, fenantrene, fenantracene e altri IPA (idrocarburi polinucleari aromatici), presenti nei gas di scarico in quantità mille volte inferiore, ma con cancerogenicità maggiore.
Un comunicato stampa “catastrofico”
Affermare, come fa la Bosch, che i motori a benzina “anche i più avanzati” possono sprecare un quinto (il 20%) di benzina, certamente sortisce effetti più negativi (per la salute pubblica e per l’ambiente) che positivi (per l’invenzione della Bosch).
Per poter conoscere l’esatta quantità di questo spreco è decisamente meglio non affidarsi al comunicato di Bosch, che, probabilmente guidato dalla volontà di evidenziare i benefici del nuovo sistema (ad immissione di acqua) che comincia oggi a sostituire l’attuale (ad immissione di benzina) porterebbe facendo semplici calcoli a numeri teorici “da fine del mondo”; infatti, se considerassimo costante un maggior consumo del 20% per una vettura che consuma 10 litri per 100 km otterremmo uno spreco di 20 cc di benzina al chilometro, traducibili in una emissione di almeno 10 grammi di idrocarburi incombusti al km.
Proprio per fare chiarezza, abbiamo subito voluto interpellare Bosch, cercando di capire esattamente per quali motori, in che precise condizioni, per che durata e in che modo si verifichino le condizioni di questo “spreco”, ma sull’argomento è stato dichiarato un tabù che ci lascia purtroppo senza risposte numeriche precise.
Ciò che ad oggi sappiamo con certezza è che l’esempio fatto da Bosch non è rappresentativo del comportamento costante del motore, ma si riferisce ad un risparmio che si verifica quando il motore viene adoperato con potenze e velocità maggiori di quelle impiegate nel ciclo di misura, in particolare in forte accelerazione e in autostrada, che tuttavia secondo le statistiche sono presenti nell’80% della vita di un’auto. Certo resta da chiarire, e sicuramente andremo avanti a farlo, l‘impatto concreto di questo spreco che oggi Bosch stessa (insieme ad altri costruttori) sta ammettendo.
La sonda Lambda
Dal punto di vista tecnico il sistema adoperato per iniettare benzina in eccesso è quello di superare l’ostacolo rappresentato dalla sentinella preposta ad evitarlo, la sonda Lambda, il cui compito ufficiale è quello di non permettere miscela ricca. Ed è così che quando si preme a fondo l’acceleratore (in qualunque marcia) o quando si supera la velocità di 120 km/h, si aggiunge benzina al solo scopo di raffreddare pistoni e valvole e consentire di sviluppare maggior potenza.
C’era anche un’altra strada, logica: rinunciare ad aumenti eccessivi di potenza tali da provocare surriscaldamenti. Strada che avrebbe condotto a motori di grande cilindrata e di poca potenza, come ha scelto l’industria americana. Ma in Europa, il fisco ha sempre considerato la cilindrata un parametro per ricchi e lo ha tassato come la benzina. Così la concorrenza fra le Case non ha neppure preso in considerazione questa ipotesi. Una volta ottenuto da Bruxelles il nulla osta a salvaguardare i motori, il problema (di limitare le potenze) non si è più posto.
Non solo, ma nessuno ha mai parlato in termini chiari dell’escamotage trovato. Neppure quando chi scrive, nell’ottobre 1992, pubblicava su Quattroruote una indagine, su 15 modelli a benzina, che rivelava lo spegnimento della sonda Lambda al di sopra di certe velocità. Indagine mai smentita neppure dalla Bosch, azienda che aveva inventato la sonda e ne deteneva l’esclusività mondiale.
Abbiamo ripreso su Automoto.it, nell’ottobre 2015, le tabelle fondamentali di quell’inchiesta, per chiarire l’aspetto trascurato del vero inquinamento e riequilibrare la bilancia rispetto alle facili sentenze di condanna (verso il diesel) emesse dopo l’affare Volkswagen.
Perché solo oggi?
Perché la Bosch ha parlato solo oggi? Semplice, perché è riuscita a inventare un dispositivo che può evitare lo spreco di benzina. E per presentarlo deve in qualche modo spiegare – purtroppo senza volerci fornire i dettagli – come e perché, dai tempi della marmitta catalitica (cioè dal 1992), si curavano le alte temperature mediante l’iniezione di benzina. Così Bosch ha messo a punto un sistema di iniezione ad alta pressione di acqua nebulizzata nel collettore di aspirazione, negli istanti precedenti l’aumento delle temperature. Il risultato è una dissociazione di H2O (nebulizzata) in idrogeno e ossigeno (gassosi), che provoca un raffreddamento repentino ed evita così il battito in testa. Ciò consente di progettare motori con rapporto di compressione più elevato e con miglior rendimento termodinamico. Anche H2 e O2 partecipano alla combustione, ma il vantaggio maggiore è aver evitato l’arricchimento della miscela fino al 20% e aver ridotto il consumo fino al 13%, come scrive la Bosch.