TARANTO – “Il tempo è scaduto cambiamo Taranto”. Scritto in nero, rosso e blu su sfondo bianco lo striscione apre con un messaggio diretto il corteo 4 maggio Taranto partito da piazza Gesù divin lavoratore nel cuore del rione Tamburi, il quartiere confinante con la fabbrica, in direzione dei cancelli dell’acciaieria ex Ilva, oggi Arcelor Mittal. E ancora “Alternative di sviluppo” è scritto su un altro striscione.
Da via Orsini la marcia risale la strada provinciale 49 per Statte fino alla portineria Tubificio del siderurgico. Nonostante la pioggia battente, sono quasi 2mila i partecipanti alla manifestazione nazionale provenienti da tutta Italia, su convocazione del movimento Ancora Vivi (sono presenti delegazioni dei comitati No Tav, No Tap, No Triv, No Muos Movimento dal Piemonte a Cosenza, da Firenze a Napoli e da tutta la Puglia), che hanno scelto la città come madre di tutte le vertenze su ambiente e salute. Una settantina di sigle di comitati e associazioni pronte a chiedere giustizia in un luogo simbolo come l’ingresso vicino all’area a caldo del siderurgico.
Momenti di tensione ci sono stati proprio nelle vicinanze del siderurgico, da parte dei movimenti che chiedono la chiusura dell’ex Ilva a Taranto. In prossimità delle portinerie dei tubifici sono stati lanciati dei fumogeni e il corteo ha avuto uno sbandamento interrompendo la marcia. Gli agenti delle forze di polizia si sono quindi ridispiegate, posizionando gli scudi per prevenire possibili ulteriori disordini. Un elicottero sorvola la zona. “Andiamo avanti, avanziamo” urlano alcuni militanti al resto del corteo. “Marciamo insieme, dietro al furgone, senza nessuna provocazione”, gridano altri.“Qui c’è gente che non ha paura, è determinata, e dice che quella di chiudere l’Ilva è la migliore idea”, si sente ancora. “La provocazione è quella di un governo che viene a Taranto con cinque ministri che ci raccontano bugie, frottole, questa è la provocazione, non quella di chi lotta”, rivendicano alcuni manifestanti. In corteo anche Carla Lucarelli e Angelo Di Ponzio, i genitori del 15enne Giorgio, morto lo scorso gennaio per un sarcoma.
Assieme a rappresentanti di genitori e familiari di vittime dell’inquinamento di altre regioni hanno denunciato venerdì 3 maggio nella sala stampa della Camera dei deputati la carenza delle strutture sanitarie sufficienti per la cura dei bambini che si ammalano. “Nel reparto di oncoematologia pediatrica inaugurato meno di due anni fa ci sono solo tre posti letto per 40 bambini” hanno raccontato come comitato Niobe, di cui fanno parte anche i genitori di altri bambini e adolescenti morti per malattie tumorali, come Mauro Zaratta, padre del piccolo Lorenzo, Francesca Summa, madre di Syria e Donatella Saraceno mamma di Irene.