Ci sono automobili che passano all’asta come semplici oggetti di lusso. E poi ce ne sono altre che mettono in vendita un pezzo di storia, un frammento di leggenda che odora di benzina, coraggio e talento irripetibile. La BMW M1 appartenuta a Niki Lauda appartiene senza esitazioni alla seconda categoria. Non è solo una supercar di chiara fama, nonché decisamente rara, ma è il simbolo di un’epoca ruggente. E presto cambierà padrone.
All’asta di Mecum
L’esemplare del 1980, pronto a salire sul palco di Mecum, fu realizzato come riconoscimento personale per il campione austriaco dopo la vittoria nel primo campionato BMW M1 Procar del 1979. Un premio riservato ai grandi, in un’epoca in cui la Formula 1 era in un periodo di grande fermento, dove il talento bussava alla porta di ogni scuderia. In quel momento storico Lauda era il riferimento assoluto, essendo già stato due volte campione del mondo. E quella M1 non era un omaggio qualunque, ma è il frutto ciò che aveva raccolto sulle piste.
Oggi l’auto ha percorso 20.350 chilometri, un dettaglio quasi irrilevante di fronte al suo valore simbolico. A renderla immediatamente riconoscibile sono le strisce Motorsport dipinte a mano, firmate dall’artista Walter Maurer. Non adesivi, non repliche. Vernice, manodopera e tempo speso dietro a una livrea unica. È uno di quegli esemplari che non hanno bisogno di essere spiegati: basta il colpo d’occhio.
Un modello unico
Per comprendere davvero perché questa M1 sia considerata uno dei pezzi più ambiti della collezionistica mondiale, bisogna tornare all’origine del progetto. La BMW M1 è un’anomalia nella storia del marchio, un’auto che non ha avuto eredi diretti e che probabilmente non ne avrà mai. È l’unica vera supercar a motore centrale prodotta dal brand tedesco, nata quando a Monaco decisero di sfidare frontalmente Ferrari, Lamborghini e Porsche sul loro terreno di battaglia.
E per farlo, BMW scelse l’Italia. La carrozzeria firmata da Giorgetto Giugiaro, con quelle linee tese, basse, chirurgiche, è ancora oggi sorprendentemente moderna. Il telaio sviluppato da Gianpaolo Dallara aggiungeva sostanza ingegneristica a una visione ambiziosa. Ma la genesi della M1 fu tutto tranne che lineare: ritardi, cambi di fornitori e problemi industriali. Il risultato fu una produzione limitata a 453 esemplari, numero che oggi contribuisce a renderla quasi mitologica.
Sotto la carrozzeria batteva il cuore giusto: il sei cilindri in linea M88/1, un capolavoro di meccanica pura. Iniezione meccanica, farfalle individuali, lubrificazione a carter secco. Niente compromessi. Con 277 CV nella versione stradale, abbinati a un cambio ZF a cinque rapporti, sospensioni a quadrilateri e una distribuzione dei pesi esemplare, la M1 non era solo veloce: era equilibrata, precisa e autentica. Una supercar che chiedeva rispetto, non applausi facili.
La fama raggiunta nelle corse
Il suo destino sportivo si compì con la nascita della serie monomarca M1 Procar, risposta intelligente ai regolamenti del Gruppo 5. Nei weekend dei Gran Premi, i migliori piloti di Formula 1 si sfidavano con versioni da oltre 470 CV. Tra loro c’era anche Lauda, ovviamente. E quando l’austriaco detto “il computer” vinceva, lo faceva sempre con un messaggio chiaro: la tecnica, se guidata dal talento, non ha bisogno di effetti speciali.
È per questo che la BMW M1 di Niki Lauda non è solo un’auto da collezione, ma un mezzo per raccontare un’epoca in cui i costruttori osavano, i piloti rischiavano e le macchine avevano un carattere graffiante. Quando salirà all’asta, qualcuno alzerà la paletta. Ma ciò che davvero verrà acquistato non è un numero di telaio. È un frammento irripetibile di motorsport europeo. E di storia vera.