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Allarme siccità per i chip, le crepe nello “scudo di silicio” di Taiwan

Mar 30, 2023

AGI – La siccità minaccia nuovamente la produzione di chip a Taiwan, e l’isola, oggi punto nevralgico della disputa tra Cina e Stati Uniti, deve affrontare il rischio di una carenza di chip che potrebbe indebolirne il ruolo di principale produttore a livello globale. L’importanza non solo sul piano economico, ma anche a livello geopolitico, della produzione di chip di Taiwan torna a palesarsi mentre la presidente, Tsai Ing-wen, sbarca a New York, irritando la Cina per il possibile incontro, il mese prossimo, con lo speaker della Camera dei Rappresentanti Usa, Kevin McCarthy.

Lo stop over negli Stati Uniti – non una novità per la presidente di Taiwan, che si sta recando in visita a due alleati diplomatici nell’America Centrale, Guatemala e Belize – è questa volta accompagnata da duri avvertimenti da Pechino, che minaccia “risolute contromisure” all’incontro previsto a Los Angeles il mese prossimo, e avverte che gli stop over della leader dell’isola causeranno un “grave impatto” alle relazioni bilaterali tra Cina e Stati Uniti.

Lo scalo di Tsai negli Stati Uniti giunge mentre la produzione di chip di Taiwan, a cominciare da quella del gigante mondiale Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) torna a essere minacciata dalla siccità dovuta all’effetto dei cambiamenti climatici che sta colpendo l’isola e i suoi bacini idrici più importanti: il caso più grave è forse quello del Southern Taiwan Science Park, gestito da Tsmc, che consuma 99mila tonnellate di acqua al giorno, riporta il Nikkei Asia Review, e i cui bacini idrici erano pieni solo all’11,2%, stando ai dati del 17 marzo scorso.

Va un po’ meglio per altri bacini idrici nel sud dell’isola, in particolare nella zona dell’hub portuale di Kaohsiung, ma nessuno di questi raggiunge metà della capienza, con punte del 41% per il bacino idrico di Nanhua e del 40% per il bacino idrico di Hushan, al punto che la città sud-occidentale di Taiwan ha deciso, a partire da oggi, di tagliare del 10% il consumo di acqua nella sua area industriale, reintroducendo una misura analoga già presa nel 2015.

La peggiore siccità degli ultimi 30 anni 

Quella di oggi rischia di essere la peggiore crisi dovuta alla siccità degli ultimi trenta anni, e potrebbe protrarsi fino a maggio prossimo, secondo i meteorologi. I gruppi della tecnologia, a cominciare dalla stessa Tsmc, hanno sviluppato piani per il risparmio delle risorse idriche, che prevedono la riduzione dei consumi e il riciclo delle acque reflue. Il produttore di display Innolux ha dichiarato di avere investito a fine 2022 in attrezzature per conservare l’acqua; Delta Electronics, già dal 2015, ha avviato piani per conservare l’acqua e solo a Taiwan, lo scorso anno ha raccolto settecento tonnellate di acqua nelle sue strutture.

La stessa amministrazione dell’isola sta cercando di correre ai ripari per evitare di sprecare acqua, ma il problema delle riserve idriche è oggi più complicato rispetto al 2021, e corre il rischio di diventare un problema cronico, secondo il vice presidente dell’Università Centrale Nazionale, Wu Ray-shyan, con ripercussioni a lungo termine sull’economia dell’isola. Difficile ipotizzare cosa potrebbe accadere se l’isola perdesse il suo “scudo di silicio”, ovvero se vedesse intaccata la propria produzione di chip. Taiwan produce circa il 65% dei produttori a livello globale, e oltre il 90% dei più avanzati, e l’industria dei semi-conduttori contribuisce per circa il 15% del prodotto interno lordo dell’isola, secondo calcoli citati dall’Economist nelle scorse settimane.

La stessa Tsai Ing-wen, ad agosto scorso, solo poche settimane dopo la crisi con la Cina innescata dalla visita a Taipei dell’ex speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, aveva sottolineato che le industrie di Taiwan sono “impazienti di rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti nel campo dei semiconduttori e in altri settori dell’alta tecnologia”. E il 6 dicembre scorso, il fondatore di Tsmc, Morris Chang, ha annunciato, insieme allo stesso presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, l’apertura di un secondo impianto produttivo in Arizona, che porterà  gli investimenti della multinazionale taiwanese negli Usa da 12 a 40 miliardi di dollari.

Il braccio di ferro Usa-Cina

I chip sono uno dei settori dove la competizione tra Usa e Cina è più sentita. Le tensioni sullo status di Taiwan tra Pechino e Washington si accompagnano a quelle scaturite dal duello sull’hi-tech, che vede proprio nei semiconduttori uno dei campi dove lo scontro è più acceso. A dicembre scorso, La Cina ha sporto reclamo al Wto (World Trade Organization) per le restrizioni all’export di chip da parte degli Stati Uniti: Washington vuole limitare l’export verso la Cina di attrezzature per produrre chip che possono servire sia per produrre smartphone che sistemi d’arma avanzati. E l’irritazione di Pechino è cresciuta ulteriormente nelle scorse settimane, quando anche i Paesi Bassi hanno seguito le orme degli Stati Uniti annunciando nuove restrizioni alle esportazioni di tecnologia per la produzione di chip a protezione della sicurezza nazionale.

La mossa andrà a colpire, con ogni probabilità, i rapporti tra la Cina e il gigante europeo nella produzione di semi-conduttori, l’olandese Asml, un’eventualità già presa in considerazione a novembre scorso dal presidente cinese, Xi Jinping, durante un colloquio con il primo ministro, Mark Rutte, a margine del vertice del G20 di Bali. Le pressioni della Cina non hanno però fatto cambiare idea ai Paesi Bassi. Pechino ha dato un segnale chiaro di non avere gradito la scelta del governo olandese: si tratta di una “politicizzazione di questioni commerciali e tecnologiche”, ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ed è una mossa cui Pechino, ha aggiunto, si oppone fermamente. 
 

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