Il premio Nobel per la Pace è stato diviso in tre. Al centro la guerra in Ucraina. Ales Bialiatski è il primo vincitore: attivista bielorusso che nel 1980 fu parte attiva nelle proteste anti sovietiche. Insignite del premio più desiderato sono anche due Organizzazioni non governative per i diritti umani: la prima attiva in Russia e la seconda in Ucraina. La prima è il Memorial, ong con sede a Mosca e partecicipante al Consiglio d’Europa; la seconda è il Center for civil liberties, think thank incentrato sulle libertà civili. Queste le parole da Oslo: “I vincitori rappresentano la società civile nei loro Paesi d’origine. Da molti anni, promuovono il diritto di critica del potere e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. Hanno compiuto uno sforzo eccezionale per documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e l’abuso di potere. Insieme dimostrano l’importanza della società civile per la pace e la democrazia”.
Sul Foglio avevamo già scritto del Memorial:
I nomi di cui si vociferava per il premio più ambito sono conosciutissimi. Si andava dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla più famosa attivista per il clima del mondo, Greta Thunberg. In cima alla lista dei papabili comunque c’erano tutti i nomi più coinvolti nell’opposizione all’invasione russa dell’Ucraina. A cominciare dal presidente, ma non solo: si parlava infatti anche di Alexey Navalny. L’oppositore politico che, sopravvissuto all’avvelenamento da Novichok e ora in carcere, ha fatto delle dichiarazioni in merito alla guerra solo pochi giorni fa, definendola “ingiusta e criminale”. Sull’onda dell’opposizione spiccava poi il nome di Svetlana Tikhanovskaya, la politica bielorussa che ha sfidato apertamente il regime di Alexander Lukashenko, candidandosi contro di lui alle elezioni del 2020, e che adesso è in esilio.
L’altro grande tema all’ordine del giorno è il cambiamento climatico. Una tra tutte era Greta Thunberg, che ha iniziato le sue proteste del venerdì in solitaria quando aveva 16 anni, da Stoccolma ha condotto i suoi Fridays for Future, il movimento in difesa del clima, in tutto il mondo. Sulla sua scia, Nisreen Elsaim, attivista per il clima sudanese, avrebbe potuto essere insignita del premio più ambito: la ragazza è un membro consultivo delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, ed è presidente del Sudan youth for climate change.
Tra le organizzazioni, quelle più chiacchierate erano l’Unhcr, ovvero l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, il Fondo Onu per l’infanzia insieme all’Unicef. Ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità e il Comitato internazionale della Croce Rossa.