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Adozioni, attacco a sorpresa di Salvini: il grillino Spadafora le renda più veloci – La Stampa

Mar 31, 2019

Matteo Salvini sbuca dal Listòn, incredibilmente a piedi, e piazza Bra esplode. S’ode a destra uno squillo di “Mat-teo, Mat-teo!”, a sinistra risponde lo squillo di “Vergogna, vergogna!”, qualcuno alza la mano nel saluto fasciata, qualcun altro intona “Bella ciao”. Però la maggior parte dei pro-Congresso della Famiglia sono appunto lì, dentro il Palazzo della Gran Guardia, i contro in corteo blindato, e così tutto si risolve in una scarica di opposti improperi. Il ministro dell’Interno applaude chi lo applaude.

Anche dentro, davanti ai delegati che lo aspettano come Giovanna d’Arco a Orléans assediata (e comunque al rogo manderebbero altri), Salvini è arrembante nei toni ma cauto nella sostanza. Le novità politiche sono due. Una è l’attacco al premier Conte, che ha avocato a sé il capitolo delle adozioni caro ai leghisti che ne vogliono sveltire l’iter ma ancora «non ha fatto nulla». L’altra è la richiesta di una commissione d’inchiesta sulle case famiglia dove finiscono i minori sottratti ai genitori: «È un business per guadagnare milioni sulla pelle dei bambini tenuti in ostaggio. Ma li beccheremo, casa per casa, paese per paese». E poi, in conferenza-stampa, rincara la dose: «Ci sono connivenze, specie nell’Italia centrale. E c’è chi trattiene minori che dovrebbero tornare alle loro famiglie». L’apertura del nuovo fronte è prossima.

Per il resto, repertorio: i bambini devono avere mamma e papà e non genitore Uno e Due, no all’utero in affitto, il nemico delle donne è l’estremismo islamico, quello dell’Italia non è lo spread ma le culle vuote, insomma il solito menù salviniano, attacco ai media compreso: «L’informazione truccata di giornalisti prezzolati è un mix di ipocrisia, ignoranza e benpensantismo, mi vergogno di essere giornalista», grazie ministro. Un delicato pensiero anche per i suoi migliori nemici, i grillini: Spadafora attacca il Congresso ma la sua è «una manifestazione d’ignoranza» e se «qualcuno» (leggi: Di Maio) dice che quella di Verona è una riunione di sfigati, «ebbene, sono orgoglioso di essere sfigato». Però la nouvelle vague leghista è moderata e istituzionale. Sicché, dice Salvini (ma solo ai giornalisti, i congressisti non gradirebbero) «i diritti non si toccano», dunque niente revisione di divorzio, aborto e unioni civili, «quel che c’è, c’è», come il Papa «bado alla sostanza e non alla forma» e comunque «sono l’ultimo dei testimonial della famiglia tradizionale, quindi non mi permetto di giudicare quel che fanno gli altri». Cauti, per inciso, anche gli altri big del Carroccio, Massimiliano Fedriga e soprattutto il ministro doppiamente padrone di casa perché titolare della Famiglia e veronese, Lorenzo Fontana, che la butta sulla retorica delle famiglie “eroiche” nei reparti di oncologia e sul «dovere di non avere paura». Tutto sommato, prende più applausi Giorgia Meloni che strilla: «Difenderemo Dio, la Patria e la Famiglia!», tutto in maiuscole.

Il vero spettacolo, in effetti, non è dentro la Gran Guardia, dove tutti ripetono gli stessi argomenti più o meno con le stesse parole e con lo stesso effetto anestetico. Il bello è fuori, in una piazza che in mattinata diventa un Hyde Park Corner moltiplicato per cento, dove c’è di tutto e di più, un helzapoppin’ variopinto, delirante e divagante. Passano Luigi di Borbone, duca d’Angiò e pretendente al trono di Francia, da restaurare in stretta collaborazione con l’altare, e il deputato regionale gay siciliano Sandro Mangano, radicali e popi ortodossi, ultracattoliche con il rosario e ultrafemministe con cartello: «Ai feti di gomma preferiamo i falli di gomma!». Più Luca Castellini di Forza Nuova, di professione addetto alla sicurezza nei locali, croce celtica al collo, che definisce Salvini «un democristiano» e annuncia un referendum (un altro) contro la 194, solo che gli organizzatori non gradiscono il comizio estemporaneo e non lo fanno più entrare, nonostante lui si sia regolarmente accreditato e abbia pure pagato la quota di sette euro, e allora «ridatemi almeno i soldi!». Già si sorride sul buttafuori buttato fuori, ma poi lo perdonano e lo fanno passare. I soliti democristiani, insomma.

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