AGI – L’annuncio del deposito a breve di una proposta di legge in 7 punti elaborata dalle opposizioni – sottoscritta da M5s, Pd, Avs, Più Europa e Azione – per introdurre un salario minimo legale di 9 euro ha riacceso il dibattito in materia. Ieri la ministra del Lavoro Marina Calderone ha replicato: “Non sono convinta che al salario minimo si possa arrivare per legge”.
La titolare del Lavoro ha ribadito la linea del governo: “Siamo attenti a tutte le dinamiche del mondo del lavoro e convinti che si debba investire sulla contrattazione collettiva di qualità”. In Europa 22 Stati hanno adottato un salario minimo, tra loro molto differente, che riflette le diverse velocità delle economie continentali: oscilla tra poco meno di 14 euro orari in Lussemburgo e 2,40 euro in Bulgaria. Nel novembre 2021 il Parlamento Ue ha approvato una direttiva per la sua introduzione come strumento per tutelare chi, pur lavorando, si trova in condizioni di indigenza o è a rischio povertà. Hanno fatto scelte diverse, invece, Austria, Danimarca, Finlandia, Itala, Svezia e Norvegia, che non lo hanno adottato preferendo il ricorso alla contrattazione collettiva tra esecutivo e parti sociali.
Sei Paesi (dato ultimo aggiornamento Eurofound) hanno una tariffa oraria elevata: quasi 14 euro in Lussemburgo, intorno ai 12 in Germania e Belgio, e sopra gli 11 in Irlanda, Francia e Paesi Bassi.
In due paesi, Spagna e Slovenia, le tariffe orarie sono di poco inferiori a 7,50 euro, ben al di sotto della fascia più lata ma significativamente avanti rispetto al gruppo di Paesi successivo. Un terzo gruppo di 14 Stati è caratterizzato dai salari minimi orari più bassi. Un primo sottogruppo vede salari minimi orari di circa 5 euro, inclusa la Lituania e molti altri Paesi del Mediterraneo (Portogallo, Cipro, Malta, Grecia).
I restanti nove paesi, tutti nell’Est Europa e di più recente annessione all’Ue, hanno tariffe orarie che vanno da oltre 4 euro in Repubblica Ceca, Estonia, Polonia e Slovacchia a 2,40 euro in Bulgaria.