AGI – Il piano strutturale di bilancio dell’Italia sarà approvato dal Consiglio dei ministri entro il 20 settembre, in linea con la scadenza fissata dalla Commissione Ue. Il Cdm potrebbe validare il testo con una seduta ancora da convocare per martedì 17 settembre. Fonti di governo fanno sapere che la deadline fissata da Bruxelles verrà rispettata e specificano che non c’è stata nessuna richiesta all’Ue di dilazione dei termini.
Ieri i leader della coalizione di centrodestra – la premier Giorgia Meloni e i due vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, oltre a Maurizio Lupi – si sono visti a Palazzo Chigi per fare un punto in vista della manovra con il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Le opposizioni intanto lavorano ad un fronte comune sulla legge di bilancio, chiedendo alla maggioranza di inserire sanità e lavoro tra le priorità.
È probabile che l’analisi del piano strutturale da parte del Parlamento, una procedura richiesta dall’Italia, possa richiedere una decina di giorni dopo l’ok a Palazzo Chigi, con una conseguente dilatazione dei tempi per la consegna del documento alla Commissione. Il piano, il ragionamento che viene proposto nel governo, è uno strumento nuovo, introdotto dalla riforma del Patto di stabilità: è il primo atto formale dopo la riattivazione dei vincoli di finanza pubblica sospesi nel 2020 per fronteggiare gli effetti economici della pandemia di Covid. Un iter in divenire, dunque, che prevede spazi di flessibilità senza fissare scadenze rigide. La Francia, ad esempio, in attesa della formazione del nuovo governo, ha chiesto alla Commissione Europea di prorogare oltre il 20 settembre la scadenza per la presentazione del suo piano, per garantire la coerenza con il progetto di bilancio 2025, che Parigi vota ogni anno entro il 1 ottobre.
L’obiettivo principale del piano è la definizione della spesa netta, coerente con le nuove regole stabilite dalla Commissione per il rientro dal deficit eccessivo da realizzare attraverso un programma di rientro che ha una durata di 4 anni, estendibile fino a 7 anni nel rispetto di particolari criteri. Il governo italiano, ha anticipato Bloomberg nei giorni scorsi, punterebbe a portare il deficit al 2,9% entro il 2026 per garantire al Paese di arrivare appena al sotto del tetto richiesto dalle regole fiscali Ue.
La manovra, si parla di un documento poco superiore ai 25 miliardi di euro, dovrebbe prevedere soprattutto la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro per contrastare l’inflazione. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe anche quella di provare a estenderlo ai redditi fino a 50-60mila euro. Ma le risorse sono limitate. E il debito pubblico incombe: nei prossimi mesi sforerà la cifra simbolo di 3 mila miliardi.
La novità di giornata riguarda la previdenza. Il ministro della Pa Alberto Zangrillo ha riferito al Corriere della Sera che si sta ragionando sulla possibilità di trattenere al lavoro fino a 3 anni in più in maniera volontaria i dipendenti della Pa, che uscirebbero così a 70 anni, per far fronte al turnover.
La linea della premier Meloni è che deve terminare la stagione dei bonus a pioggia. L’idea sarebbe quella di fissare dei paletti legati all’Isee all’erogazione di alcuni strumenti di welfare e sul credito d’imposta.
“Discuteremo una manovra che non sarà di lacrime e sangue ma neanche di sperpero del denaro pubblico. La politica della crescita è l’unica che può permettere di ridurre il debito pubblico di questo Paese”, specifica Tajani. Oggi una delegazione di Forza Italia incontrerà Giorgetti. “L’accordo generale – aggiunge Tajani – è che non si possono fare spese pazze e sperperare i soldi”. Un aiuto per reperire le risorse potrebbe aiutare dalle maggiori entrate fiscali. Nel periodo gennaio-luglio 2024, certifica l’ultimo bollettino, si registra un aumento di 19,2 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2023 (+6,2%).
Le opposizioni incalzano il governo. “Il governo ha preannunciato che il Psb verrà presentato nelle prossime settimane in Cdm e successivamente sottoposto alla discussione e al voto del Parlamento. Pensiamo che questo approccio sia un errore: un confronto parlamentare fatto prima permetterebbe al governo di predisporre un Psb prima e una manovra poi, figli di una discussione seria e più approfondita”, chiede il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia.