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A cavallo tra Piemonte e Occitania si fa festa al cavolo

Set 30, 2016
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Una “Festa del cavolo” ed il titolo può suscitare perplessità. Ma per le vallate alpine il cavolo non è un prodotto minore. Anzi, rappresenta uno degli elementi fondamentali per la sopravvivenza delle popolazioni nelle aree più dure, disagiate. Così l’8 ed il 9 ottobre Massello, in Val Germanasca (Torino), ospiterà una festa dedicata non solo al cavolo ma alla cultura alpina delle località che sono al di fuori dei percorsi del turismo di massa.

Così, accanto al cavolo che resta il protagonista della festa anche attraverso i lavori delle scuole di montagna dedicati a questo elemento base dell’alimentazione locale, sarà possibile approfondire gli aspetti culturali di un mondo di confine tra Piemonte ed Occitania, tra cattolici e valdesi. Con un accompagnamento musicale affidato a Valeria Tron, Carlo Pestelli e Giovanni Battaglino, con l’esposizione di prodotti artigianali del territorio, con la possibilità di assaggiare la cucina tipica di un territorio che presenta delle peculiarità legate proprio all’incrocio di culture differenti. La cucina dei barbet (i valdesi) non è quella piemontese anche se i montanari vivono fianco a fianco. Ed a volte è difficile individuare in una delle due comunità l’origine di un piatto apprezzato da entrambe.

Ma la festa del Cavolo sarà anche l’occasione per imparare a conoscere gli strumenti musicali tradizionali o per conoscere i libri di Marzia Verona dedicati alle Storie di pascolo vagante. E ancora balli, “menu ad Hoc”, merende del cavolo con cioccolata calda, i gofri (dolci tipici) e l’immancabile vin brulé che accomuna non solo le due comunità ma l’intero arco alpino. L’occasione per scoprire una gastronomia povera ma di grandi soddisfazioni, legata alla terra, alle sue piante, ai suoi animali. Liquori alpini, meglio se prodotti a livello famigliare, e salumi, miele e confetture. Con una grande tradizione artigianale misconosciuta nella pianura a pochi km di distanza. Ma una tradizione viva, che sopravvive e che permette di evitare il completo spopolamento delle vallate più impervie.

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