Una lettera a doppia firma in cui spiegano il motivo della propria fuga e in cui promettono di fare ritorno quanto prima. Presumibilmente in un paio di settimane. Non sarebbe un addio ma piuttosto un arrivederci quello dei due detenuti evasi da Rebibbia nella notte fra il 2 e il 3 giugno. Davad Zukanovic, 40 anni, e Lil Ahmetovic, 46 anni, cugini di etnia rom, prima di calarsi dalla finestra della propria cella si sono premurati di lasciare un biglietto indirizzato ai vertici dell’istituto penitenziario.
Nella missiva spiegano che la loro fuga è fondata su motivi personali profondi: il bisogno di mettere al riparo i propri figli da un brutto giro nel quale si sono infilati. Probabilmente un traffico di droga dal quale non riescono a venirne fuori da soli: solo loro possono farlo, a loro dire, visto che le mogli di entrambi sono detenute. Al fondo delle poche righe viene fatta anche una promessa: quella di fare ritorno, di costituirsi all’autorità giudiziaria appena dopo aver risolto le proprie beghe.

Sebbene Zukanovic e Ahmetovic siano considerati detenuti con un profilo criminale basso, infatti, la loro evasione è tutt’altro che da sprovveduti: prima hanno segato le sbarre con una lima, poi hanno realizzato una corda con delle manichette antincendio annodate, e quindi hanno tagliato il filo spinato con le tronchesi. Complice un numero di sentinelle ridotto all’osso, così sono riusciti a scavalcare il muro di cinta. L’allarme è stato dato, con ogni probabilità, diverse ore dopo la fuga. Quando i secondini non hanno sentito lo loro voce all’appello del mattino, si sono precipitati nella loro cella. Solo allora è scattata l’allerta. Subito sono state diramate le foto segnaletiche a polizia, carabinieri e finanza. Le forze dell’ordine non hanno perso tempo e hanno battuto i campi nomadi ma senza risultati.

Uno dei due detenuti evasi da Rebibbia
La procura, dal suo canto, ha fatto subito acquisire le telecamere di sorveglianza e aperto un fascicolo per evasione. Al momento non ci sono indagati. Stando ai filmati ci sarebbero stati dei movimenti poco chiari intorno alle tre di notte. Quindi, in sostanza, i due evasi avrebbero avuto almeno due tre ore buone di vantaggio rispetto agli inseguitori, tenendosi stretti.
Ora è da capire quanto i due ricercati possano seguire il biglietto da loro scritto. Dentro per truffa e ricettazione, entrambi avevano come fine pena il 2029. Di certo, adesso, fuggendo da Rebibbia si sono macchiati anche del reato di evasione, rischiando altri 5 anni. Un lasso di tempo tale da convincerli a passare sopra a quella promessa, ora che sono liberi, e scrivere al posto di quell’arrivederci un amaro addio.