FASE DUE
Una scelta sofferta, scaturita dalla considerazione che in questa fase le uscite non avrebbero nemmeno lontanamente compensato le entrate. In qualche caso, come a Roma, la decisione è stata una forma di protesta contro le misure del decreto Rilancio, considerate poco adeguate e insufficienti
di Andrea Carli
Una scelta sofferta, scaturita dalla considerazione che in questa fase le uscite non avrebbero nemmeno lontanamente compensato le entrate. In qualche caso, come a Roma, la decisione è stata una forma di protesta contro le misure del decreto Rilancio, considerate poco adeguate e insufficienti
19 maggio 2020
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“È meglio di no”. Nonostante potessero farlo, molti titolari di attività commerciali il giorno della riapertura dopo due mesi di pesante lockdown hanno scelto di tenere le saracinesche abbassate. Una decisione sicuramente non facile, ma che per negozianti, proprietari di bar e ristoratori si è resa necessaria nel momento in cui il verdetto non ha lasciato adito a fraintendimenti: se si fosse fatta una scelta diversa, le uscite avrebbero superato le entrate, e i margini di guadagno, laddove ci fossero stati, si sarebbero ridotti al lumicino. Anche perché molti di loro lavorano con il turismo, e di turisti ancora ne circolano pochi.
Tre negozi su dieci non hanno aperto. Dalla China town di Milano ai bar di Napoli, dai proprietari di ristoranti nel centro di Roma alle boutique di Capri. I centri storici delle città turistiche con le saracinesche dei ristoranti abbassate. La protesta dei tanti commercianti di Roma che nel giorno della riapertura hanno fatto uno sciopero simbolico contro gli “aiuti insufficienti” per fronteggiare bollette, affitti e merce nei magazzini da smaltire.
Quasi tutto chiuso a Chinatown Milano
In un clima di basta al lockdown, ovvero la chiusura delle attività e il confinamento a casa che dura da oltre due mesi, Milano, capoluogo della regione più colpita dal Covid-19, ha riaperto. C’è stata però un’eccezione: molti negozianti cinesi hanno deciso di non riaprire al pubblico le loro attività. Quasi nessun ristorante aperto su via Paolo Sarpi, cuore del quartiere cinese, mentre è attivo il servizio di asporto di raviolerie e affini. Qualche bar con i tavolini fuori ha ospitato qualche cliente a pranzo, ma nel complesso la sensazione è stata che Chinatown preferisse aspettare ancora prima di riaprire le sue attività.
Aperto salotto shopping Roma, ma mille negozi scioperano
A Roma diversi commercianti, tra ristoratori e negozi nel campo dell’abbigliamento, sono rimasti chiusi nonostante la riapertura prevista dal Dpcm sulla fase 2. Il motivo dello “sciopero” è dovuto – spiega Giulio Anticoli, uno dei commercianti – «alle proteste per le misure del governo insufficienti a far fronte ai debiti generati in queste settimane per affitti, bollette e tasse. E ora siamo alle prese con magazzini pieni di merce da pagare. Nella Capitale – aggiunge – hanno aderito allo sciopero circa un migliaio di persone, di cui la metà sono ristoratori. Ma in tutta Italia ci sono diverse iniziative analoghe». Aperti i negozi delle vie del lusso a Roma, come quelli a via Condotti, via Frattina e via Borgognona, ovvero il salotto dello shopping capitolino. «Le catene che si rivolgono alla massa però, in assenza del turismo, segnano il passo. Di fatto, a parte la cassa integrazione, sono state escluse dagli aiuti di Stato», spiega David Sermoneta, presidente di Federmoda Roma.
Ristoratori Roma: 90% dei locali in centro storico non riaprirà adesso
Accanto all’abbigliamento, anche il settore della ristorazione nella capitale è in ginocchio. «Il 90% dei ristoranti del centro storico di Roma non riapriranno in questi giorni» sottolinea Gianfranco Contini, portavoce de “La Voce dei locali di Roma”, movimento nato da alcune settimane durante l’emergenza coronavirus. «Se il locale di quartiere ha qualche chance -spiega ancora -, il nostro prossimo step invece è il 12 giugno, vediamo per quella data cosa succede: se non verrà rinnovata la cassa integrazione saranno licenziati i dipendenti o seguiremo la linea che adottano gli alberghi, che riapriranno il primo settembre o il 31 dicembre, a seconda dei flussi turistici. Fintanto che non riaprono gli hotel, inutile riaprire in una situazione del genere, senza clienti».