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Ravenna, il cold case del carabiniere ucciso: dopo 33 anni tre persone rischiano processo per omicidio

Mag 13, 2020

RAVENNA – Un cold case. La morte di un giovane, figlio di famiglia benestante e militare di leva, sequestrato e poi gettato nel fiume. Una morte che da 33 anni aspetta giustizia e verità. E un passo avanti importante arriva oggi, a due anni dalla riapertura delle indagini. La Procura di Ravenna ha chiesto il rinvio a giudizio di tre persone per l’omicidio di Pier Paolo Minguzzi, il 21enne studente universitario, rampollo di una famiglia di imprenditori di Alfonsine, nel Ravennate, e carabiniere di leva alla caserma di Mesola, nel Ferrarese. Venne sequestrato a scopo di estorsione la notte del 21 aprile 1987 mentre rincasava, strangolato e gettato nel Po di Volano, incaprettato a una pesante grata sradicata da un casolare abbandonato di Vaccolino, sempre nel Ferrarese.

Tre, secondo quanto riportato dalla stampa locale, sono i reati contestati in concorso: sequestro di persona, occultamento di cadavere e omicidio pluriaggravato. Sotto accusa, due ex carabinieri all’epoca in servizio alla caserma di Alfonsine: Orazio Tasca, 55enne originario di Gela (Caltanissetta) ma da tempo residente a Pavia; e Angelo Del Dotto, 57enne di Ascoli Piceno. E poi c’è l’idraulico del paese, il 64enne Alfredo Tarroni.

L’udienza è stata fissata davanti al Gup di Ravenna per metà giugno. Il fascicolo, aperto inizialmente contro ignoti, era stato archiviato a metà anni ’90. Ma a inizio 2018, i Pm Alessandro Mancini e Marilù Gattelli, anche in seguito a un esposto dei familiari del ragazzo, avevano sia riletto elementi già emersi all’epoca che valutato nuovi elementi probatori nati dalle verifiche della squadra mobile ravennate e dello Sco di Roma.

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