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La pandemia pesa sui giovani: il 33,5% dei lavoratori ancora in lockdown ha tra i 20 e i 29 anni

Mag 3, 2020

ROMA – Il loro tasso di disoccupazione è triplo rispetto al tasso medio della popolazione italiana già in tempi normali. Ma con la pandemia i giovani sono quasi scomparsi. I più fortunati in casa a seguire le lezioni a distanza della scuola o dell’Università. Le decine di migliaia che avevano uno stage o un tirocinio in corso cancellati in automatico: è previsto lo smart working, lo smart learning, ma non lo “smart internshipping“. I tanti precari che contavano su un lavoro stagionale nel turismo o nei servizi di ristorazione sono fermi in attesa di una non ben precisata ripresa delle attività. Il 33,5% dei lavoratori ancora fermi per il lockdown hanno tra i 20 e i 29 anni, contro il 13,1% tra i 50 e i 59 anni e il 4% degli ultrasessantenni. Mentre, tra i lavoratori che hanno proseguito anche nel periodo di picco della pandemia solo il 14,6% sono giovani, rileva Lavoce.info, e tra le attività che riapriranno il 4 maggio la quota di giovani è di poco più alta, il 16,5%.

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“I giovani sono invece tra le categorie che hanno fatto più fatica a riprendersi dopo la grande recessione e la successiva crisi dei debiti sovrani, con tassi di disoccupazione elevati e redditi più bassi della media. L’ulteriore colpo alle loro prospettive lavorative potrebbe essere ancora più difficile da assorbire senza appropriati ammortizzatori”, denunciano gli economisti Alessandra Casarico e Salvatore Lattanzio.

In totale, secondo l’Istat, soltanto il 49,7% dei lavoratori under 24 e il 61% dei lavoratori tra 25-34 anni è tuttora occupato nei settori ancora attivi. In totale, si tratta di circa 3 milioni di lavoratori su un totale di 15 milioni 576 mila, mentre sono circa 2 milioni i lavoratori under35 non attivi, su un totale di 5 milioni e 171 mila, pari al 41,3%. Su circa 13 milioni di giovani, attualmente sta continuando a lavorare circa il 23%. Prima dell’epidemia erano 5 milioni, circa il 39,4% del totale. Comunque pochi.

Molto dipende dalle attività: per esempio quasi il 40% dei lavoratori del turismo che attendono di tornare in attività nel Centro Sud sono giovani, attesta l’Istat. Il che significa che, se il turismo non dovesse ripartire, il rischio è altissimo soprattutto nelle aree più depresse del Paese. Molti lavoratori stagionali non hanno neanche ricevuto il bonus di 600 euro perché il loro codice Ateco non rientrava tra quelli citati dal decreto. Si tratta di attività che magari non sono immediatamente collegate al turismo, come le lavanderie o i commessi dei negozi, ma che invece lavorano con contratti stagionali perché vengono assunti solo nei periodi di particolari afflusso di turisti. E sulla base della stagione turistica hanno poi diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione: quest’anno rischiano di non avere nulla, niente bonus da 600 euro, niente contratto, niente Naspi.

L’Italia è anche uno dei Paesi con più alta percentuale di Neet (under 35 che non studiano e non lavorano). Le coppie under 35 con figli presentano percentuali doppie di povertà assoluta rispetto agli over 65. Ecco perché, come risulta da un sondaggio dell’Istituto Toniolo pubblicato qualche giorno fa su Repubblica, i giovani italiani sono i più pessimisti in Europa rispetto alle prospettive di ripresa post coronavirus, oltre il 60 percento contro il 46% e il 42% dei coetanei francesi e tedeschi.

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Al palo anche le decine di migliaia di giovani che nelle settimane che hanno preceduto l’epidemia erano impegnati in stage o tirocinii, quasi tutti bloccati. “Tantissimi stagisti si sono ritrovati dall’oggi al domani senza un’attività da fare durante il lockdown. – denuncia Eleonora Voltolina, direttrice della rivista online La Repubblica degli stagisti – e sopratutto con un entrata in meno per affrontare le proprie spese. Cosa ci aspettiamo? Che siano sempre le famiglie a correre in soccorso e a mantenere figli e nipoti? Le famiglie al momento sono in grande difficoltà economica: bisogna aiutarle, e aiutare le persone in tirocinio”. La proposta è di dare un sostegno economico a chi stava svolgendo un’attività comunque retribuita, e di far riprendere in modalità a distanza tutti i tirocinii che posso essere svolti in questo modo.

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