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Primi dubbi sul Trump-rally, dollaro giù. Listini deboli pensando al referendum

Dic 2, 2016

MILANO – Ore 10:15. Sarà davvero tutto oro quel che luccica nel rally dei mercati che ha seguito l’elezione di Trump? Dopo giorni di euforia, qualcuno inizia a domandarsi se la crescita delle azioni e delle prospettive di inflazione trovi una base solida nel cambio di presidenza Usa: è stato Bill Gross, guru degli investimenti sul comparto obbligazionario, a smontare le prospettive di un lungo periodo di apprezzamento dei mercati azionari. Secondo il gestore, gli investitori sono stati portati fuori strada dalle promesse del tycoon, ma i tagli alle tasse promessi, gli investimenti in infrastrutture e le liberalizzazioni porteranno soltanto benefici temporanei. Il dollaro si è così avviato alla sua prima settimana di calo, secondo il paniere Bloomberg Dollar Spot Index, dalle elezioni. Apertura in progresso dunque per l’euro, che scambia a 1,0676 dollari, in rialzo rispetto agli 1,0609 dollari segnati ieri nelle ultime ore di negoziazione.

I listini europei trattano deboli, in scia alla seduta incolore dell’Asia. Milano cede l’1%, con l’attenzione puntata sul Monte dei Paschi che oggi chiude l’operazione di riacquisto e conversione dei bond subordinati in azioni, nell’ambito del difficile aumento di capitale da 5 miliardi. In rosso anche le altre Borse Ue: Parigi perde l’1,3%, Francoforte l’1% e Londra lo 0,85%.

Tiene banco l’avvicinarsi al referendum italiano di domenica, che è indicato come evento-chiave da parte degli investitori globali (insieme alle elezioni austriache) per misurare l’avanzata dei populismi. Lo spread tratta stabile in area 165 punti base, con il rendimento del Btp decennale che oscilla intorno al 2%. Da valutare, poi, il rapporto sul lavoro negli Usa, che potrà smuovere le ultime resistenze (praticamente quasi nulle) al rialzo dei tassi Fed durante la riunione di metà mese: gli analisti si attendono 180mila nuovi posti di lavoro e un tasso di disoccupazione stabile al 4,9%. Negli ultimi giorni si è verificato un vero e proprio “sell-off”, una vendita accelerata sui titoli di Stato americani che potrebbero essere ancora sensibili a questo dato.

La Borsa di Tokyo ha chiuso negativa stamane, ritracciando dai massimi dell’anno: il Nikkei ha ceduto lo 0,47% a 18.426 punti, il Topix sull’intero listino lo 0,36% a 1.478 punti. Le Borse cinesi hanno parimenti ripiegato: Shanghai ha ceduto lo 0,90%, Shenzhen l’1,66%.

La seduta di ieri a Wall Street è finita in modo contrastato con il Nasdaq in forte calo, mentre il Dow Jones ha saputo mettere a segno un nuovo record dopo quello registrato in chiusura venerdì scorso. L’andamento del settore tecnologico (-2%) non ha controbilanciato quello energetico (+0,24%), sostenuto per il secondo giorno di fila dall’accordo siglato dall’Opec su un taglio alla produzione. Il Dow ha guadagnato lo 0,36%, l’S%P 500 ha perso lo 0,35% e il nasdaq ha ceduto l’1,36%.

Tra le materie prime, dopo il rally scatenato dall’accordo Opec sul taglio alla produzione il prezzo del petrolio frena sui mercati asiatici. Gli investitori tirano il fiato dopo la recente impennata e il light crude Wti cede 16 cent a 50,90 dollari al barile, il Brent di Londra perde 35 cent a 53,59 dollari al barile. L’oro è poco mosso sui mercati asiatici a 1.173,58 dollari segnando un progresso dello 0,16%.

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