ROMA. Neppure quando l’Italia è sotto schiaffo, in piena emergenza sanitaria, la politica sa frenare i suoi istinti. Non vi è traccia della concordia che Sergio Mattarella aveva più volte invocato. Il Presidente ne prende atto ma non si rassegna. E nel messaggio per il 25 aprile, festa della Liberazione, si appella alle forze politiche: se proprio non sono capaci di sospendere le polemiche, come sarebbe stato opportuno, perlomeno garantiscano un’unità sostanziale. Senza rinunciare a combattersi, mostrino unità e compattezza sulle scelte di fondo, evitando di farsi del male. «Nella nostra democrazia», ricorda il Capo dello Stato, «la dialettica e il contrasto delle opinioni non hanno mai, nei decenni, incrinato l’esigenza di unità del popolo italiano, divenuta essa stessa prerogativa della nostra identità». Pur con tutti i difetti, abbiamo sempre avuto «la consapevolezza di un comune destino» che si è manifestato tutte le volte in cui «eventi dolorosi hanno messo alla prova la capacità e la volontà di ripresa dei nostri territori». Caratteristica nazionale è sapersi tirare fuori dai guai e risorgere dalle macerie. Oggi il nemico è un virus, ma lo spirito collettivo deve rimanere lo stesso di settantacinque anni fa, nella lotta contro gli invasori. Proprio come allora, assicura Mattarella, sapremo venirne fuori: «Insieme possiamo farcela e lo stiamo dimostrando».
Scelta di sobrietà
Non è tempo di cerimonie pubbliche, tra l’altro fino al 3 maggio gli assembramenti sono vietati. Mattarella avrebbe potuto approfittarne per andare in tivù oppure rivolgersi agli italiani tramite Facebook; ma di dirette video, ultimamente, c’è stata già un’inflazione. Dunque il Presidente ha preferito la sobrietà di un discorso scritto e anche piuttosto breve, evitando qualunque rievocazione in chiave storiografica. Del resto, ciò che doveva dire al riguardo l’aveva già puntualizzato negli anni scorsi. Ai suoi occhi non esiste un fascismo «buono» che fece opere benemerite (esempio classico: le bonifiche), ma ci fu solo un regime totalitario e violento. La lotta di liberazione non vide isolati protagonisti i partigiani, ma fu la riscossa di un vasto movimento popolare. Durante la Resistenza i patrioti si macchiarono di alcuni eccessi, su questo non ci piove, però rimane impossibile collocarli sullo stesso piano dei nazifascisti. La pretesa revisionistica di riscrivere la storia, per Mattarella, è da respingere senza appello. Quest’anno il Capo dello Stato ha aggiunto un ulteriore punto fermo: il 25 aprile è la vera «data fondatrice» della Repubblica. Piaccia o non piaccia alle destre, tutto è iniziato lì.