L’EMERGENZA SANITARIA
Secondo un’indagine di Altroconsumo, se il prezzo medio per una mascherina chirurgica è di 2 euro, c’è chi le vende fino al 1.200% in più. Emendamento del Governo al Cura Italia: dispositivi e mascherine anti-Covid ad acquisto facilitato
di An.C.
8 aprile 2020
5′ di lettura
L’emergenza coronavirus ha reso le mascherine protettive sempre più importanti e non di rado introvabili o reperibili a prezzi particolarmente elevati, con casi di vera e propria speculazione. Secondo un’indagine di Altroconsumo in 8 grandi città, nel 43% delle farmacie le mascherine non sono disponibili. Roma è quella meno fornita. E in generale, se il prezzo medio per una mascherina chirurgica è di 2 euro, c’è chi le vende fino al 1.200% in più. Non sono mancati gli interventi della Guardia di Finanza.
La situazione, già di per sé grave, rischia di diventarlo ancora di più soprattutto nel momento in cui alcune regioni, tra cui la Lombardia e la Toscana vanno nella direzione di renderle obbligatorie quando si esce. Di qui l’opportunità di calmierare i prezzi, sottolineata ad esempio da associazioni dei consumatori (Cittadinanzattiva) o dalla Regione Lombardia, o il pressing – come quello di Federfarma – per ottenere indicazioni precise sul margine di ricarico sui singoli lotti di questi dispositivi al fine di evitare speculazioni. Non mancano proposte di venderle sfuse, per evitare che se ne acquistino troppe, o di listini bloccati.
Il commissario Arcuri: insopportabile speculazione prezzi mascherine
«Una mascherina chirurgica non può essere rivenduta ad un prezzo 10 volte maggiore del costo, questo non è libertà di mercato ma una speculazione due volte insopportabile, perché non si specula sui bisogni degli altri e perché non si specula sulla vita degli altri», ha detto il commissario Domenico Arcuri dopo una serie di segnalazioni sul rincaro dei prezzi delle mascherine. «Anche pochi casi sono intollerabili – ha aggiunto – vanno denunciati e combattuti. Le forze dell’ordine sono già intervenute e continueranno a farlo».
Dl Cura Italia: mascherine anti-Covid ad acquisto facilitato
L’esecutivo ha compiuto un primo passo. Un emendamento del Governo al decreto legge Cura Italia approvato dalla commissione Bilancio del Senato prevede che «il Dipartimento della Protezione civile e i soggetti attuatori individuati dal Capo dei dipartimento della protezione civile (…) sono autorizzati, nell’ambito delle risorse disponibili per la gestione dell’emergenza, fino al termine dello stato di emergenza (…), ad acquisire dispositivi di protezione individuali (Dpi) come individuati dalla circolare del Ministero della salute n. 4373 del 12 febbraio 2020 e altri dispositivi medicali, nonché a disporre pagamenti anticipati dell’intera fornitura». L’emendamento sdogana anche fino al termine dello stato di emergenza l’uso di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista per i dispositivi dì protezione individuale previsti dalla normativa vigente, purché valutati dal Comitato tecnico scientifico. E autorizza in coerenza con le linee guida Oms e con le evidenze scientifiche il ricorso alle mascherine chirurgiche – anche prive di marchio CE previa valutazione dell’Istituto superiore di Sanità – «quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari».
Fontana: mascherine in vendita a prezzi contingentati
Il problema dei prezzi elevati delle mascherine viene affrontato anche dalle Regioni, ancora una volta in ordine sparso. Dopo aver distribuito le mascherine nelle farmacie e ai sindaci, ha annunciato il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana in un collegamento alla trasmissione Mattino Cinque «le metteremo anche in vendita a prezzi contingentati, le venderemo al prezzo di costo con un piccolo agio per il commerciante che si presterà a venderle». «Noi adesso stiamo, tramite la protezione civile, distribuendole ai sindaci, nelle zone dove più spesso si recano i cittadini, come in certi esercizi pubblici, nei supermercati – ha continuato Fontana -. Ma ogni sindaco può distribuirle come meglio crede, è assolutamente libera la facoltà che viene data ai sindaci. Se hanno i volontari che vanno a portarle a casa va bene così».