ROMA. “C’è un pezzo del Paese, quello che ha in mano il potere reale, che non vuole la nostra riforma, la nostra rivoluzione gentile”. Angelo Rughetti, sottosegretario alla Funzione Pubblica, parla della sentenza 251 della Consulta: “Un fulmine a ciel sereno”.
Ce l’ha con i giudici?
“La sentenza si rispetta, perché interpreta l’attuale articolo 117 della Costituzione. Sebbene il tempismo della Corte lasci qualche dubbio”.
Chi è che rema contro, allora?
“Chi ora brinda. Perché potrà fare affidamenti diretti, fregandosene dei costi. Salvare le società partecipate, anche se sono scatole vuote. Essere dirigenti solo sulla carta e prendere stipendi altissimi. Timbrare e andare a fare la spesa. Nominare manager sanitari col bilancino della politica e non del merito”.
Potevate scriverla meglio, la legge delega?
“Tutti i 19 provvedimenti attuativi fin qui approvati hanno trovato l’accordo pieno con le Regioni. Il decreto sul trasporto pubblico locale l’abbiamo scritto a quattro mani con gli assessori regionali e lo staff del ministro Delrio”.
Ci voleva l’intesa però…
“Pensavamo fosse sufficiente il parere. E d’altro canto è una questione solo procedurale. Nella sostanza nulla cambia: l’accordo c’era”.
La regione Veneto non la pensa così.
“Zaia passa più tempo a fare ricorsi che ad occuparsi delle persone”.
La riforma Madia è compromessa?
“Assolutamente no. I decreti già in vigore – partecipate, furbetti, dirigenti sanitari – saranno corretti con le Regioni. E non occorre cambiare la legge delega, perché è stata modificata dalla sentenza stessa”.
I furbetti faranno ricorso?
“Probabile. Una sconfitta per il Paese, non per noi”.
I testi sui dirigenti e i servizi pubblici locali sono decaduti.
“Pensiamo di ripresentarli, forse come disegni di legge. Ci vorrà qualche mese in più, ma ce la faremo. Con la nuova Costituzione non sarebbe successo. La sintesi l’avrebbe trovata il Senato delle autonomie, alla luce del sole”.