MILANO – Ore 10:20. La tempesta perfetta sui mercati: non solo l’espansione del coronavirus in Italia ed Europa in genere, ma anche la guerra del petrolio aperta dal mancato accordo tra Opec e Russia sui tagli alla produzione di greggio per sostenere il prezzo del barile. Si annuncia un lunedì tremendo per le Borse occidentali: Piazza Affari affonda e cede l’8,9%, mentre lo spread tra Btp e Bund tedeschi sfiora i 220 punti base, dalla chiusura sotto 180 di venerdì scorso, poi cala sotto quota 210 con il rendimento dei decennali italiani che sale all’1,23 per cento. In un messaggio che tenta di rassicurare, il Tesoro dice che si impegnerà “affinché venga approntato in tempi rapidi un pacchetto di misure dell’Unione Europea in coordinamento con l’intera comunità internazionale”.
Dei quaranta titoli che compongono il Ftse Mib, il listino principale della Borsa di Milano, molti sono ancora sospesi in asta di volatilità e fioccano i ribassi in doppia cifra percentuale, con Eni e Saipem che perdono oltre 20 punti. Nel resto d’Europa, Francoforte cede il 6,65%, Londra il 7,28% e Parigi cede il 7,27%.
Il crollo del petrolio e dei mercati azionari
Dopo una minima stabilizzazione, il petrolio ha visto le quotazioni crollare di nuovo sui mercati asiatici: il barile di greggio Wti – la qualità americana – ha scontato un ribasso fino al 33 per cento. Una mazzata che non si vedeva dal 1991, ai tempi della Guerra del Golfo, che l’ha portato a vedere quota 27,3 dollari al barile: minimi dal 2016.
La guerra del greggio si è acuita nel fine settimana, trascinando già in ribasso i listini del Golfo che oggi hanno nuovamente accusato perdite tra il 7 e il 9 per cento. La Banca centrale centrale giapponese ha detto che risponderà “senza esitazione” alle incertezze dei mercati. intanto il Nikkei 225 di Tokyo ha segnato un ribasso del 5,07%, peggior performance da due anni che l’ha portata ai minimi da 11 mesi. Le Borse cinesi di Shanghai e Shenzhen hanno segnato ribassi rispettivamente del 3,01 e del 3,79 per cento. Non si vedeva addirittura dalla crisi del 2008 il tracollo del 7,3% che si è registrato sulla Borsa australiana di Sydney.
La guerra dietro il calo del barile
Venerdì, il cartello dei Paesi produttori e la Russia sua alleata non sono riusciti a trovare un’intesa per tagliare la produzione a fronte di una domanda in probabile rallentamento a causa del coronavirus. L’Arabia Saudita, come per vendetta nei confronti di Mosca che era negativa sui tagli, ha deciso allora di puntare ad aumentare la sua produzione. La guerra a rubarsi quote di mercato tra Paesi storicamente alleati ha aperto i rubinetti delle vendite. Come già accaduto nel 2014, quando Riad provocò di fatto un crollo di due terzi del valore, pare pomperà molto più
Rep
La corsa dell’oro e dei titoli di Stato sicuri
Al crollo degli asset fin qui visti, fa da contraltare la corsa di quelli che tradizionalmente vengono definiti i “beni rifugio”, categorie di investimenti che gli operatori considerano porti sicuri in tempi difficili. Come i titoli di Stato americani, i cui rendimenti – già spinti in basso dal taglio dei tassi della Fed – crollano e nel caso dei Treasury a 10 anni calano allo 0,5% per la prima volta nella storia, mentre quelli sui Treasury a 30 anni affondano sotto l’1% e anche in questo caso è la prima volta.
Il re dei beni rifugio, l’oro, sfida nella notte quota 1.700 dollari l’oncia e si porta così ai massimi dal 2012.
Apertura in deciso rialzo per l’euro. La moneta unica viene scambiata a 1,1405 dollari (+1,08%). Anche lo yen, la moneta giapponese, si iscrive alla categoria di investimenti “sicuri” e infatti si rivaluta sul dollaro ai massimi dal novembre 2016 negli scambi in Asia fino a raggiungere quota 102,20 sul biglietto verde, da un valore di 108 della scorsa settimana. L’aumento dell’incertezza durante l’emergenza coronavirus vede la divisa nipponica consolidare i guadagni anche sull’euro a un livello di 116,70.