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Dall’ambizione alle vie d’uscita: il dizionario di leadership femminile della signora dei gioielli

Mar 6, 2020

Da a come ambizione a v come vie d’uscita. Sabina Belli ha condensato la sua storia di top manager nel mondo del lusso in un dizionario di leadership al femminile i cui diritti sono devoluti alla Casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano. Una sorta di diario di bordo che racconta tutte le aziende in cui ha lavorato, i team che ha diretto, la famiglia d’origine e quella con tre figlie che ha creato, la visione e i valori alla base della sua vita professionale e privata.

Dal 2015 Sabina Belli è, nella sede del capoluogo lombardo, amministratrice delegata di Pomellato, marchio di gioielli prêt-à-porter nato a Milano nel 1967 da Pino Rabolini e di proprietà dal 2013 del gruppo francese Kering, uno dei leader mondiali del lusso di François-Henry Pinault, che ha acquisito nel suo portafoglio altre eccellenze italiane come Gucci, Brioni e Bottega Veneta.

Belli è uno dei nove membri della Fondazione Kering che nel 2017 ha lanciato la campagna PomellatoForWomen, una piattaforma di comunicazione con testimonial come Jane Fonda e Chiara Ferragni. Il progetto coinvolge donne provenienti da varie discipline, età e background, basato sui valori della inclusività e della sorellanza per favorire l’emancipazione, la realizzazione e la leadership femminile.

Milanese di nascita, sessanta anni a settembre, la manager, che rientra nell’esiguo 5 per cento di donne ceo nel mondo, è oggi considerata un’esperta internazionale del mercato del lusso e del management di team altamente creativi e innovatori.

Ha vissuto a Parigi fin dall’adolescenza. “Ho lasciato l’Italia per la Francia quando mio padre Claudio fu trasferito per ragioni di lavoro. Negli anni Settanta era consulente per una società americana, svolgeva un’attività nuova, sociologo economista. Ci fu una riunione di famiglia in cui lui e mia madre Maddalena ci annunciarono che per qualche anno saremmo andati a vivere a Parigi. Invece ho vissuto tutta la vita in Francia, sono tornata in Italia da pochi anni”.

La manager ha lavorato per grandi gruppi internazionali. Ha cominciato la sua carriera in pubblicità in due agenzie, Ogilvy &Mather e Young&Rubicam, poi nel campo del marketing, dal 1991 nel gruppo L’Oreal Luxe, per Helena Rubinstein e per Giorgio Armani Parfums fino al 1996. Passata in Lvmh, è rimasta fino al 2012 con posizioni di top management in Christian Dior Parfums e Veuve Clicquot. Rientrata a Roma è stata nominata vice presidente esecutivo di Bulgari. Tre anni dopo è ceo di Pomellato.

“La mia italianità è di origine ma non di formazione. A Parigi ho fatto le elementari e le medie e poi mi sono tuffata nella vita francese, diventata la mia cultura e le mie radici”. Dopo il liceo classico, la Sorbona dove si è laureata in Lettere moderne e letteratura comparata. Negli Stati Uniti, in Pennsylvania, ha conseguito un diploma in comunicazione e management cui sono seguiti degli stage formativi nel campo della pubblicità che hanno messo le basi della sua professione. “Mi sono mancati 30-40 anni di vita italiana. Mi si parla di situazioni e avvenimenti che non ho seguito se non da lontano”.

Ad influire molto sulla sua crescita e maturazione è stato il personaggio di Pietro, il fratello minore di due anni, un ragazzo down. “Fin da bambina ho avuto una missione, di essere la sorella maggiore che doveva aiutare e capire questo fratello un po’ particolare e far sì che la sua vita fosse affettivamente e socialmente integrata, perché noi in famiglia non volevamo che vivesse come una persona diversa e handicappata. Tutto ciò implica che ho dovuto sempre un po’ compensare ed essere, come sono stata, più responsabile”. Sentirsi da subito, insomma, una persona autonoma e indipendente perché le attenzioni dovevano essere concentrate su suo fratello. “L’indipendenza mi ha proiettata verso me stessa. Cosciente che soltanto io potevo decidere di me e avere il polso delle mie capacità. Qualcuno mi chiede come ho fatto ad arrivare dove sono adesso. Avevo più grinta, è la risposta, un supplemento di motivazione e però, in un certo senso, a fronte di questa libertà ho provato anche tanta solitudine”.

La maternità, l’arrivo di tre figlie, Pauline, Eva e Lili, 25, 30 e 35 anni, nate dal matrimonio con Laurent Boisrond, un chirurgo francese che ringrazia “per anni di indispensabile solidarietà e amore”, da cui ora è divorziata, non hanno fermato il suo cammino professionale. “Mio marito mi ha molto aiutata. In realtà in Francia per affermarsi nel lavoro si sgomita meno che in Italia, forse là sono più avanti nella rappresentazione della donna nella società, per esempio si è meno criticate se si lasciano i figli al nido. Me ne sono resa conto venendo in Italia, dove la madre è il centro della famiglia e una decisione come questa verrebbe fatta pesare. C’è ancora una visione arcaica, in alcuni casi scegliere il lavoro è un po’ come abbandonare la famiglia”.

L’imprenditrice in carriera e la sua femminilità. “Seduzione, ambiguità nel rapporto uomo donna: non mi è mai capitato. Appena sentivo arrivare una situazione di tipo mee too mi scansavo”.

Le pari opportunità in azienda. “Non ho mai cercato delle scorciatoie per il fatto di essere donna e madre. Voglio dire alle giovani donne che se puntano alla carriera devono organizzarsi molto bene, non si può essere quelle che alle cinque del pomeriggio vanno a casa. In Pomellato abbiamo il 74 per cento di donne, una grandissima quota, i lavoratori a Milano sono in tutto 300. L’altra cosa importante è che a livello del comitato esecutivo siamo un numero pari. Il gruppo Kering è estremamente attento al cuore della strategia che si concretizza tutti i giorni nel well being, il benessere, e nel dare alle donne uguali occasioni di crescita”.

La parità salariale nel mercato del lavoro è un’utopia, specie tra i top manager. “Non so se si possono paragonare al centesimo le posizioni, ogni ceo gestisce dei marchi che hanno dimensioni e realtà diverse, ma noi siamo molto attenti a che le remunerazioni siano omogenee. Bisogna essere capaci di parlare di soldi e di aumenti di stipendio senza remore; se si è convinti si deve far valere la propria posizione”.

Tra i marchi leader al mondo, Pomellato si è sviluppato nei primi dieci anni di vita in uguale misura in Asia e negli Usa, con grandi potenzialità nei nuovi mercati come la Cina, con una rete di distribuzione già ben sviluppata, una cinquantina di negozi in proprio e un network di circa 500 distributori multimarche concessionari. Presente sulle maggiori piazze mondiali, la griffe da Pechino a New York a Parigi, offre nei suoi store un’immagine che ha le radici nella Milano degli anni Settanta, con un’architettura molto influenzata da Giò Ponti e dallo studio dei designer italiani più affermati dell’epoca.

L come lusso. “Annosa querelle, è frivolo quindi inutile o al contrario, importante e necessario? Ho avuto sempre interesse per la metafisica del lusso, che è anche il valore che attribuiamo alle cose”. Uno dei motori dell’economia è lo sfrenato bisogno dell’umanità di viziarsi con qualcosa di più prezioso come l’ultimo modello di borsa, il golf di cachemire, il profumo esclusivo. Un’escalation verso l’eccezionalità anche per dimostrare agli altri le proprie disponibilità economiche. “In Giappone e in Cina, ad esempio, ci sono degli incensi a prezzi astronomici, eppure il loro valore è così effimero, basta bruciarli e in mezz’ora non esistono più. Una conchiglia può essere un bene rarissimo e dispendioso. Il caffè più costoso al mondo è thailandese, viene estratto dalle feci degli elefanti che hanno mangiato una certa foglia di tabacco, costa 1500 dollari al chilo, più o meno 80 dollari la tazzina e la raccontano come un’esperienza sublime. Ciò che mi interessa capire oggi è cosa intendono per lusso le persone: le risposte sono diversissime”.

Per Sabina Belli c’è una rappresentazione paradossale e contradditoria dell’Italia che produce. “L’immobilismo è un problema ma essendo io nel board di Altagamma, la federazione che raggruppa i marchi del lusso nostrano, mi chiedo se esiste un altro paese al mondo dove si possono trovare radunate nella stessa sala persone che hanno come cognome Ferragamo o Illy, famiglie nelle quali c’è il capitale del genio italiano, nostra caratteristica da sempre, eccellenze nella gastronomia, nella moda, nel design. Eppure noi non ci crediamo; i francesi si sono appropriati del lusso come loro esclusività, ma in Italia potremmo far valere centinaia di eccellenze, svilupparle e vendere il made in Italy con un potenziale enorme. Abbiamo il più grande centro educativo: la Bocconi, che vale oggi quanto Stanford e Harvard, il Politecnico, la Cattolica, la Statale. Sono scuole eccezionali”.

Vita da campus. “I nostri uffici sono in zone un po’ periferiche. Con Pomellato abbiamo un head quarter bellissimo, un’oasi di pace in via Nera, a sud di Milano, all’entrata delle autostrade, con piante di bambu sull’acqua e colori particolari. Dodo invece è in via Morimondo, nell’ex campus Richard Ginori, accanto a capannoni di aziende di moda, società hi-tech, dove si respira un’area contemporanea. Si sta molto con i colleghi, ci si vede per rapide riunioni, in giornate intense dove non abbiamo distrazioni. E di sera ho occasioni speciali con clienti, persone che possono avere un’influenza sul marchio, con la possibilità di far conoscere la storia di Pomellato. Due, tre volte l’anno vado all’estero per lavoro; tutti gli anni faccio il giro del mondo completo per visitare i nostri negozi, una o due volte in Cina, in Giappone, in America”.

Le sue figlie vivono all’estero, una a New York e due a Parigi. “Sono ragazze stupende, felicissime, realizzate. Non ho più una vita con loro ma ci troviamo nei vari posti del mondo”. Per vedere tutta la famiglia, comprese due nipotine, Sabina Belli organizza un grande raduno due volte l’anno, “in luoghi semplici, vicino alla natura, dove possiamo fare con immensa gioia grandi pranzi e cene, lunghe tavolate attorno alle quali ognuno fa il suo riassunto dei mesi in cui non ci si è visti, tutti a proprio agio, un processo molto preparato in cui ciascuno detta i personali criteri. L’anno scorso siamo stati in Sicilia, vicino a Noto. Una delle grandi ricchezze dell’uomo è il poter viaggiare e i ricordi di viaggio sono i più potenti”. Ha sempre portato in giro la famiglia in spedizioni avventurose, per scoprire il nuovo: Cina, Cambogia, Egitto, Messico, “cultura e un po’ di svago su una bella spiaggia”.

Creare valore del business è la sua mission di amministratore delegato. “In questa fase della mia vita professionale sono pronta per trasmettere agli altri la mia esperienza e per far crescere una nuova generazione di manager. Mi interesso moltissimo ai giovani, per capirne le motivazioni, identificare le loro qualità, farli emergere nel business e favorire le carriere. La vita non è un destino ineluttabile, una specie di fatalità. Bisogna anche cercare di uscire un po’ dal proprio giardino. Alle giovani mamme di figli maschi trattati come reucci, dico sempre, fate attenzione. Un giorno potreste accorgervi che hanno esattamente il profilo di quegli uomini che voi stesse detestate. Il rischio è riprodurre in eterno il medesimo schema”.

Le statistiche dicono che in Italia il 49 per cento del lavoro è femminile, di questo il 70 per cento è nel nord, e che al primo figlio il 45 per cento delle donne abbandona. “Spesso ai nostri giovani offriamo di andare all’estero per degli stage, una possibilità di espatriare e fare a 35 anni un’esperienza di manager a Singapore, a Shanghai, a Mexico City. È una via per accelerare la crescita. I più rifiutano per non allontanarsi da casa. Uno studio statistico dell’università con un focus particolare sulle donne, registra che la dimensione familiare blocca i giovani e gli impedisce di volare via. Per le ragazze vale anche di più. A loro dico: pensa a te, al tuo destino, scansa queste dittature culturali”.

Sabina Belli si sta impegnando a creare per Pomellato un ricambio generazionale di artigiani. “Da tre anni mi sono resa conto che eravamo alla vigilia di perdere i nostri senior orefici, e ho pensato a un programma per formare giovani orafi, altre eccellenze italiane, un lavoro in via di estinzione perché le famiglie sono ossessionate dalla laurea. Abbiamo creato un partenariato con la scuola Galdus per un corso di studi con un certo numero di stagisti, alla fine del quale si ottiene un diploma riconosciuto dallo Stato. In base alla valutazione si decide se si assumeranno, in genere è il novanta per cento di ragazzi che hanno imparato il mestiere, un capitale rarissimo. Offrire posti di lavoro e rinnovare se stessa dovrebbe essere l’obiettivo di ogni azienda, e vedo che da quando ci sono i nuovi nel gruppo di lavoro, anche i dinosauri si sono mossi con un meccanismo di emulazione positiva”.

La manager predilige da sempre il cinema e la lettura, “cerco di temermi aggiornata, l’ultimo filmo che ho visto è ‘1917’, tecnicamente impressionante, Parasite mi è piaciuto moltissimo, la storia, i personaggi. Nelle letture sono più eclettica, cerco di leggere cose contemporanee, molto in inglese. Un libro che mi ha colpito è “My absolute darling”, di Gabriel Tallent, duro, difficile, su una relazione perversa tra una figlia e un padre in una situazione di vita disperata dove c’è dentro incesto, violenza morale e psicologica. Mi sollecita la passione di occuparmi del benessere contro la violenza. Anche in Francia abbiamo un partenariato con La Maison des femmes e con una donna formidabile, Ghada Hatem, una ginecologa impegnata nelle banlieu di Parigi ad alto tasso di immigrati, dove si praticano ancora rituali barbari come le mutilazioni genitali, e si occupa di violenze domestiche, violenze sessuali e di gravidanze nelle adolescenti. In Italia siamo messi malissimo, con discrepanze impressionanti sul rispetto verso le donne e per quello che subiscono. Situazione ancora più grave se non hanno l’indipendenza economica”.

La sua bucket list, la lista dei desideri. “Mi sono ripromessa di dare un’attenzione maggiore a me stessa, trovare spazi di riposo, il sonno è un capitale fantastico. Quando si arriva a certi stati di stress e di fatica è perché non si dorme bene, e anche quella è una disciplina. Spegnere la luce un po’prima, non lasciarsi prendere da tutte le frenesie dei social media”.

Divorziata da tanti anni, ha un compagno italiano, “come cuoca ci tengo a dirlo non c’è niente di peggio, sono anche estremamente pigra, ogni tanto manco di costanza, ma mi vengono delle idee”. Una è stata l’apertura di ‘Ça va sans dire’, il suo bistrot a Porta Romana. “Mi rendo conto, anche rispetto a donne della mia generazione, che aver avuto delle figlie che si sono emancipate molto presto mi ha dato anche più tempo per costruire la professione. Non ho avuto l’obbligo di essere sempre disponibile per la famiglia per cui ho potuto fare anche tanto altro, un vero privilegio. La libertà è stata una delle caratteristiche della mia vita, non sono rimasta incatenata ai doveri domestici. Anche questo è lusso”.

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