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Crisi delle telecomunicazioni: conti in bilico, rischio esuberi per migliaia di persone

Feb 24, 2020

In dieci anni l’industria delle telecomunicazioni ha perso circa 8,2 miliardi di euro, con una forte distruzione della capacità di generare cassa, secondo stime del Politecnico di Milano. A rischio sono gli investimenti nella nuova rete 5G, necessaria per traghettare l’economia italiana nel futuro. E nel breve periodo si teme una forte ondata di esuberi, fino a 20mila persone, soprattutto nel mondo dei contact center; questione che da febbraio è sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico.

Gli esuberi

La stima dei 20mila – potenzialmente a rischio esubero, con gli attuali conti degli operatori – è dell’associazione AssTel, ma la conferma è anche negli allarmi delle ultime settimane, presentati al tavolo Mise aperto con i committenti dei call center (tra cui molti operatori tlc).


Sono 3500 gli addetti al call center catanzarese Abramo per il taglio della commessa Tim a gennaio. Sono paventati 4mila esuberi ai call center di Almaviva, di cui 1700 a Palermo, per il rischio di mancato rinnovo della commessa Wind 3. Questo stesso operatore ha annunciato 1.500 esuberi al proprio interno nei prossimi tre anni; saranno gestiti in modo “non traumatico attraverso insourcing di nuove attività, riprofessionalizzazioni, formazione certificata e uscite volontarie”, segnala Wind 3; ma di per sé l’alto numero è un segnale di conti che non tornano. Exi-Ericsson ha annunciato 150 fuoriuscite a febbraio, destinati ad aumentare con la perdita della commessa Vodafone, che dal canto suo ha presentato l’anno scorso un piano di 1.100 esuberi. Fastweb nei giorni scorsi ha annunciato la delocalizzazione all’estero del call center Covisian di Catania, mettendo a rischio 200 posti di lavoro.

I sindacati sono in allarme per lo stato delle tlc italiane: lo dimostra da ultimo una nota congiunta Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom dove si ricorda che già la relazione annuale 2019 di Agcom mostrava una situazione economico finanziaria critica per il settore. La nota sindacale è espressamente rivolta contro Iliad, che pochi giorni prima aveva presentato un rapporto secondo cui questo nuovo operatore avrà un impatto positivo sull’economia del Paese e l’occupazione. Ma i sindacati ritengono che Iliad “non possa vantare nessun impatto rilevante sull’economia del Paese, anzi abbia generato un pesantissimo dumping di sistema che ha contribuito a precarizzare le condizioni dei lavoratori ed a rallentare il processo di digitalizzazione di cui ha bisogno il Paese”.

Crisi delle telecomunicazioni: conti in bilico, rischio esuberi per migliaia di persone

Perdita di ricavi, prezzi troppo bassi

I sindacati si riferiscono al ribasso dei prezzi che sarebbe dovuto alle tariffe introdotte da Iliad nel 2018. Ma il nuovo operatore può aver aggravato una situazione che andava avanti già da tempo, a quanto si legge nelle elaborazioni degli osservatori digital innovation del Politecnico di Milano su dati aziendali. Dal 2008 al 2018 il mercato ha perso 8,2 miliardi di euro, circa il 35 per cento del valore, soprattutto per il crollo dei prezzi del mobile, iniziato già anni prima dell’arrivo di Iliad.

L’Italia, già nel 2017, aveva i prezzi più bassi in Europa sulla telefonia mobile. Dal 2012 al 2018 i prezzi del fisso sono scesi dell’80 per cento; del 90 per cento quelli del mobile.


Sostenibilità a rischio

A un livello sistemico, preoccupa in particolare il calo del rapporto tra Ebitda e Capex, ossia tra ricavi e investimenti. Consideriamolo il valore che indica le risorse di cui il settore può disporre per guardare all’orizzonte con fiducia, verso investimenti, assunzioni. Adesso il rapporto è sceso pericolosamente a 2,7 miliardi di euro, un valore che – secondo AssTel – mina la sostenibilità del settore; nel 2007 era infatti ben più alto: 9 miliardi di euro. Principale imputato, una guerra di prezzi causata da dinamiche competitive tra operatori che non sono mai riuscite a essere equilibrate, dai tempi del 3G in poi.

Il mercato è quindi malato di una crisi strisciante, che manifesta i propri sintomi a fiammate quando in bilico sono posti di lavoro. Come negli annunci delle ultime settimane, da cui il tavolo di emergenza presso il Mise. Ma è una crisi che da dieci anni sta già lentamente e progressivamente prosciugando la capacità del settore, un tempo ricco, di creare innovazione e lavoro, e quindi crescita economica del Paese.

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