MILANO – Ore 10:30. Il dollaro contina a rafforzarsi sulla prospettiva di una crescita degli interessi negli Stati Uniti, in vista di un rialzo del costo del denaro da parte della Fed nella riunione di metà dicembre: i mercati lo danno ormai per certo e le possibilità implicite (secondo i future) di una ulteriore stretta entro giugno sono salite al 60 per cento. Il biglietto verde è così alla più forte striscia di rialzi contro lo yen dal 1995, mentre i titoli di Stato Usa e l’oro perdono terreno. Recupera leggermente terreno l’euro nei confronti della divisa americana, riportandosi in area 1,06. I listini europei trattano contrastati: Milano recupera la parità dopo un avvio in rosso, Francoforte e Parigi arretrano dello 0,2% mentre Londra lima lo 0,05%.
Vincitori e sconfitti dal voto americano. In bianco un paniere di divise emergenti, in blu le quotazioni del rame. Le prime hanno subito un tracollo con l’affermazione di Trump e la prospettiva di un rialzo dei rendimenti Usa, che ha fatto schizzare il dollaro. Il secondo beneficia dei programmi d’investimento annunciati dal Tycoon
Il Tesoro mette oggi in asta Ctz a 2 anni fino a 3,5 miliardi, Btp-i a 5 anni fino a 1,250 miliardi e Btp-i a 30 anni fino a 1,250 miliardi. Il rendimento sui titoli di Stato italiani si mantiene stabile sopra il 2% con lo spread tra Btp e Bund tedeschi in lieve calo in area 185 punti base. Dall’Istat si segnala la battuta d’arresto per fatturato e ordinativi dell’industria, in attesa dei dati su commercio estero e fatturato dei servizi. In Francia la fiducia delle famiglie è rimasta invariata a novembre con l’indice a 98 punti. Sempre Oltralpe, la disoccupazione è diminuita ad ottobre dello 0,3 per cento rispetto al mese precedente a 3,48 milioni di persone.
Il referendum italiano resta alto nell’agenda dei trader internazionali. Soltanto ieri Paul Diggle, economista di Aberdeen AM, in una nota lo presentava come un “grosso rischio” per il fatto che possa “seriamente ostacolare” il programma di riforme “e l’economia italiana ne soffrirebbe”. L’osservatore riconosce che “la maggior parte degli investitori preferirebbe una vittoria di Renzi e la formazione di un governo stabile ma questo non farebbe svanire i problemi. L’Italia è stretta in una morsa tossica di bassa crescita, banche che versano in condizioni difficili e la minaccia strisciante del populismo politico. Nessuno di questi problemi scomparirà il giorno dopo il referendum”. A Piazza Affari si guarda sempre a Mps, con il cda che ha fissato il prezzo massimo di sottoscrizione dell’aumento da 5 miliardi a 24,9 euro per azione tenuto conto del raggruppamento 1 a 100 deliberato ieri dall’assemblea.
In mattinata, il Giappone ha registrato l’ottavo mese di fila di calo dell’inflazione, la scia negativa più lunga dal biennio 2009-2011 che sottolinea la difficoltà della Banca centrale nel raggiungere l’obiettivo del 2% previsto a inizio mandato. L’indice dei prezzi al consumo nel mese di ottobre, escluso il cibo fresco e le componenti più volatili, è sceso dello 0,4%, in linea con le previsioni degli analisti. Per l’anno fiscale in corso l’istituto centrale guidato dal governatore Haruhiko Kuroda stima prezzi in calo dello 0,1% rispetto alle previsioni di un incremento del 2,1% rilasciate nell’aprile 2014. Tuttavia, gli economisti fanno notare come il recente deprezzamento dello yen, all’indomani della vittoria di Donald Trump nelle presidenziali Usa, abbia creato pressioni inflattive grazie ai rialzi dei prezzi all’importazione, aumentando allo stesso tempo i margini di profitto delle aziende. Proprio l’indebolimento della valuta del Sol Levante sta tenendo in rialzo la Borsa di Tokyo, che ha chiuso la settima seduta consecutiva di guadagni con un +0,26%, superando nel durante la soglia di 18.400 punti.
Wall Street, ieri chiusa, oggi torna a lavorare ma solo a mezzo servizio: chiude alle 13 (le 19 in Italia) per via delle festività legate al Giorno del Ringraziamento, celebrato ieri. Dal fronte macro si registrano il deficit commerciale di ottobre e il Pmi dei servizi. Per le materie prime, il petrolio è in calo sui mercati che guardano al vertice Opec della settimana prossima e alle discussioni e trattative sono già in corso con i paesi non membri, primo fra tutti la Russia, per un taglio o un solo congelamento della produzione. Il greggio Wti scende quindi di 46 centesimi a 47,5 dollari al barile mentre il Brent perde 58 centesimi a 48,42 dollari al barile. Il continuo apprezzamento del dollaro spinge sempre più in basso il prezzo dell’oro che scende così ai minimi degli ultimi 9 mesi. Il metallo con consegna immediata cede anche oggi lo 0,9% a 1171 dollari l’oncia portando il passivo del mese a -8%.