Una morte “ingiusta, tragica e imprevista”. Così l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, definisce in un messaggio letto da don Giuseppe all’inizio delle esequie la scomparsa di Giuseppe Cicciù, il macchinista del Frecciarossa che ha perso la vita nel deragliamento di giovedi scorso. Delpini, che non ha potuto essere presente, ha sottolineato nelle sue parole che la moglia Paola e il figlio “sono troppo giovani per essere lasciati soli” e, per questo, auspica che “parenti, amici e la comunità cristiana si stringano intorno a loro”.


Giuseppe Cicciú era l’uomo del sorriso, della mano tesa, della forza d’animo, dell’orgoglio dell’essere ferroviere. Questo il ritratto commosso, fatto di lui da colleghi e amici, riuniti nella parrocchia di San Giuseppe a Cologno Monzese (Milano), per dargli l’ultimo saluto.
“Il macchinista non muore, cambia stazione. Il macchinista trema, ma prosegue la strada”, le parole tratte da una poesia scritta da un collega per Giuseppe. “Portava le brioche al mattino, aveva sempre parole di conforto e stimolo per i più giovani – ha raccontato un altro collega ferroviere – con te e Mario se ne è andata una parte di noi, ci mancherai maestro, buon viaggio”.
In un silenzio irreale, fuori e dentro la chiesa, colleghi e amici hanno proseguito commossi ricordando il 52enne che “aveva il sogno di diventare ferroviere come suo padre”, scomparso prematuramente, “l’uomo del sorriso che dalle difficoltà ha saputo trarre la capacità di tessere legami puri”, ha detto il parroco del quartiere di Reggio Calabria dove Cicciú è cresciuto, arrivato a Cologno Monzese per pronunciare l’omelia del suo funerale. “L’Italia che vogliamo – ha concluso il sacerdote – è quella dove ferrovie e strade sono sicure, dove facciamo a gara per l’alta velocità, non quella reale, ma quella di chi corre in avanti portando nel cuore la speranza”.
Domani, a Pioltello, i funerali dell’altro macchinista, Mario Dicuonzo.