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Il coronavirus torna a preoccupare, pausa nel rally globale delle azioni

Feb 7, 2020

MILANO – Ore 9:30. Continua a salire il conteggio delle vittime da coronavirus, si allargano al Giappone le misure straordinarie per contenere la pandemia e i contraccolpi industriali si fanno pesanti. L’ultima è stata la casa automobilistica Toyota ad annunciare che gli stabilimenti in Cina resteranno chiusi almeno fino al 16 febbraio, estendendo di una settimana la sospensione inizialmente prevista. Timori che si aggiungono a quelli espressi ieri dall’amministratore delegato di Fiat, Mike Manley, che a colloquio con il Financial Times ha detto che l’azienda potrebbe considerare di chiudere una fabbrica europea per l’emergenza sanitaria in corso in Cina, che di fatto impedisce l’arrivo delle componenti necessarie alla produzione.

I listini azionari hanno comunque vissuto la settimana di corsa, fino a questo momento, recuperando quel che era stato perso violentemente nei primi giorni di diffusione dell’epidemia. Alla vigilia Wall Street si è portata a nuovi record e gli indici asiatici hanno registrato la loro miglior performance giornaliera da giugno, come rimarca Bloomberg. Ma oggi prevale di nuovo l’incertezza. Alcuni gestori hanno iniziato a insinuare dubbi sul rally globale, visto il livello di paralizzazione dell’economia e del tessuto produttivo cinese in questi giorni. I risultati trimestrali che sono stati fin qui pubblicati hanno aiutato a tenere alto l’umore degli investitori, ma “il rischio è che il virus esploda nel secondo trimestre e oltre”, ha detto Sue Trinh di Manulife Asset Management alla televisione finanziaria americana. E l’agenzia di rating S&P ha tagliato la stima della crescita cinese dal 5,7 al 5% per quest’anno.

Questa mattina la Borsa di Tokyo ha chiuso in calo pagando anche le prese di beneficio degli investitori, dopo tre sessioni in rialzo. L’indice Nikkei è arretrato così dello 0,19% a 23.827 punti. Le Borse cinesi, a lungo in negativo, sono riuscite a invertire la rotta nel finale chiudendo la seduta in territorio positivo: l’indice Composite di Shanghai è salito dello 0,33%, a 2.875,96 punti, mentre quello di Shenzhen ha guadagnato lo 0,52%, a quota 1.736,17.

In Europa le prime mosse dei mercati sono all’insegna della cautela. A Milano, Piazza Affari è poco mossa con il Ftse Mib che scivola dello 0,14%. In linea le altre: Francoforte arretra dello 0,3%, Londra dello 0,25% mentre Parigi è invariata.

L’euro apre sotto quota 1,10 dollari, avanza lo yen e va giù lo yuan. La moneta europea passa di mano a 1,0979 dollari e 12073 yen. Giù il dollaro/yen a 109,93. Sul mercato onshore, lo yuan è sceso dello 0,1% a 6,9787 per dollaro e questa settimana, è calato dello 0,6%. Al contrario, lo yuan offshore si appresta a registrare un guadagno dello 0,3% questa settimana, supportato dagli stimoli della Banca centrale e dall’annuncio cinese a sorpresa di un taglio alle tariffe sulle importazioni statunitensi. Lo spread Btp-Bund apre stabile a 133 punti. Il rendimento del titolo decennale si attesta allo 0,95%.

I principali dati attesi a livello macro sono la produzione industriale tedesca e il lavoro americano di gennaio. In Italia, Istat pubblica il commercio al dettaglio e la nota sull’economia. Dalla Germania è arrivata una doccia fredda con la produzione industriale scesa del 3,5% a dicembre sul mese precedente. Un risultato sotto le attese, condito dal calo tendenziale del 6,8 per cento (dati destagionalizzati). Nontano gli analisti di Intesa Sanpaolo che si tratta del peggior dato congiunturale da dieci anni. Sopra le attese, invece, il surplus commerciale a 19,2 miliardi di euro.

I prezzi del petrolio salgono, dopo che la Russia ha appoggiato la raccomandazione dell’Opec e di altri produttori per un’ulteriore riduzione della produzione volta a contrastare il calo della domanda di greggio. Inizialmente si era aperta una frattura tra Mosca e il cartello. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti avanzano di 14 cent a 51,09 dollari e quelli sul Brent crescono di 23 cent a 55,16 dollari al barile. L’oro ha rallentato la sua corsa e viene scambiato a 1.566 dollari l’oncia (-0,01%).

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