ROMA. Nonostante abbia l’abitudine di irrompere nei grattacieli più esclusivi d’Italia, M.G. ha l’aria del bravo ragazzo, insospettabile. Paracadutista professionista da 10 anni, da 4 è passato al base jumping. Predilige la montagna, ma non disdegna la città. Era tra i quattro avvistati il 22 ottobre all’Eurosky Tower: “Ho saltato comunque, anche se sotto avevo 7 volanti. Non sono riusciti a fermarmi, è stato eccitante”.
Perché lo fate?
“Intanto godiamo di viste mozzafiato. Poi c’è la sensazione di non far parte di questo mondo, con le sue regole e i suoi limiti. Per gli altri, buttarsi da un palazzo è legato al desiderio di morire, noi invece lo facciamo per fame di vita. Non a caso un posto che amo è il cosiddetto “Ponte dei suicidi” ad Ariccia”.
Il rischio è molto alto.
“Ogni salto potrebbe essere l’ultimo, ma fa parte del gioco”.
Vi filmate sempre?
“Sì, senza video è come se il salto non fosse mai stato fatto. Ma non postiamo questa roba sui social, gira solo tra noi”.
Avete un codice morale?
“Non scassiniamo mai nessuna porta, non siamo ladri. Siamo come gli hacker: più aumenta la sicurezza, più diventiamo bravi a eluderla”.
Ma vivere così nell’ombra non rischia di diventare faticoso?
“A noi piacerebbe realizzare eventi legali. A Benidorm, in Spagna, c’è il campionato del mondo di base jumping urbano, è un grande spettacolo. Sarebbe bello immaginare una cosa del genere a Roma o Milano”.