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Venezia, albergatori in crisi dopo l’acqua alta: “Qui l’unico tsunami è stato mediatico”

Dic 30, 2019

VENEZIA. Il 12 novembre è una data che Venezia non potrà mai dimenticare per due motivi. Il primo lo conosciamo tutti ed è l’ “acqua granda”, quell’innalzamento del livello del mare in città provocato da una serie di elementi imprevedibili combinati tra loro, come i venti da sud di scirocco a 50 nodi da sud est, una trazione lunare molto forte, una particolare bassa pressione atmosferica che insisteva sul golfo, più un corollario di venti di bora da est a 127 km l’ora, che ha innescato le conseguenze che il mondo intero ha visto in tv. Il secondo non tutti lo conosciamo, ma dovremmo: perché dal 12 novembre a oggi la Serenissima ha perso più o meno la metà dei turisti, e il tracollo non accenna a diminuire.

“Come associazione – spiega Vittorio Bonacini, presidente di Associazione Veneziana Albergatori – apprezziamo questo momento di attenzione, che in realtà è necessario per ristabilire l’esatto svolgimento delle cose: non si è mai negata l’eccezionalità della marea, ma si è puntualizzato che era stata originata da una serie di concause eccezionali. Quello che purtroppo non è stato detto è che dopo 12-24 ore la città si era già rialzata. Gli alberghi lavoravano, erano perfettamente operativi, i ristoranti avevano riaperto, il sistema museale anche, il teatro la Fenice apriva le porte al Don Carlos. La città si era subito risvegliata. Ma il resto del mondo continuava a immaginarci sott’acqua”. Una cosa fondamentale da tener presente, quando si parla con i veneziani, è che loro all’ “acqua granda” sono più che abituati. “La marea è costante a Venezia, dopo tre ore cessa. E non tutta la città va sotto. Ma dopo le prime immagini la gente ha cominciato a temere di non poter più muoversi o addirittura ad aver paura per la propria incolumità: una cosa impensabile”.

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Uno dei grossi problemi, continua Bonacini, è stata la non corretta trasmissione dei dati e la loro non corretta interpretazione. Quando si parla, ad esempio, di 130 o 160 cm di acqua, molti pensano che siano da intendersi a partire dal calpestìo di San Marco: in realtà al dato bisognerebbe aggiungere l’espressione “medio mare”, un punto convenzionale situato in prossimità della Basilica della Salute che corrisponde a circa 1 metro sul mare. “I famosi 187 centimetri – precisa Bonacini – non erano altro che 80, su San Marco, che è poi la parte più bassa di Venezia: 140 centimetri alla stazione significa avere l’acqua alle caviglie, ma tutto ciò non è stato spiegato da nessuno. Amplificando una situazione già poco piacevole”.

La conseguenza è stata il crollo pressochè immediato delle prenotazioni alberghiere. “Quelle già in essere sono state annullate al 50%. Il fatturato è stato dimezzato, una catastrofe. L’Associazione veneziana albergatori ha avuto il suo da fare nel cercare di rappresentare la realtà delle cose: ci siamo spinti a Roma e presso il centro della stampa estera abbiamo spiegato cosa era successo, come e perchè, con 60 giornalisti in sala più un centinaio collegati in streaming. E ci siamo sentiti domandare se avevamo bisogno di ospedali da campo. È stato creato uno tsunami mediatico giocato e spinto in modo irresponsabile, probabilmente per creare audience, che ha travolto il sistema Venezia nel modo più pericoloso e sarà dificile reimpostare il tutto ai livelli abituali. Abbiamo visto servizi su emittenti televisive con inviati con acqua alle caviglie che dicevano ‘ecco, guardate l’acqua che sale’.”

In compenso, da circa 6-7 giorni la situazione della marea è tornata perfettamente normale. Eppure nessuno, continua Bonacini, scrive che in città si vive bene. “L’immagine rimasta negli occhi di tutti è quella di un vaporetto scaraventato dalla furia delle onde sulla banchina, quella è e quella resta. E prenotazioni nuove non ne entrano. A preoccupare è il livello di incoscienza delle istituzioni che non si sono mosse a dovere. Tutto questo avrà conseguenze sul lavoro, riversandosi sull’intera collettività a causa dell’inefficienza di pochi”.

Venezia, albergatori in crisi dopo l'acqua alta: "Qui l'unico tsunami è stato mediatico"

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Tra le iniziative avviate per correre ai ripari, l’invito da parte dell’Associazione Veneziana Albergatori ai giornalisti che erano presenti alla conferenza stampa a recarsi in città tra gennaio e febbraio. “Così potranno constatare che non abbiamo bisogno di tende da campo e non camminiamo con maschere e boccaglio”, conclude il presidente.

I tempi duri non hanno però scalfito minimamente la grinta dei veneziani. “La percezione che la città sia sott’acqua c’è – spiega Antonia Sautter, stilista, ideatrice di eventi e direttore artistico de Il Ballo del Doge – ma tutte le persone che amano Venezia si stanno adoperando per far capire agli amici del mondo che ci siamo, che siamo più forti che mai, che il carattere che ci ha contraddistinto nella Storia c’è ancora. La capacità di proiettarsi nel futuro e di offrire eccellenza è immutata e il proposito è quello di riscattarci ancora di più. Per questo ringraziamo davvero la stampa che vorrà veicolare messaggi di positività e entusiasmo. Qualche ora di acqua alta non può determinare il futuro delle presenze in città”. Un rallentamento c’è stato anche rispetto alle prenotazioni del Ballo. Ovviamente chi conosce l’acqua alta, e sa che dura poche ore e non è un fenomeno continuo, non si è fatto spaventare, ma chi doveva venire a Venezia per la prima volta ha avuto qualche remora, al punto che l’evento mondano più noto della Serenissima ha registrato ad ora un 40% di prenotazioni in meno. “Siamo qui, stiamo lavorando più che mai, con grinta”, continua Sautter. “Non vogliamo essere compatiti ma apprezzati. La marea è un fenomeno al quale siamo abituati da millenni e ogni 1200 anni la natura si accanisce un po’ di più e noi l’accettiamo e andiamo avanti. A volte anche sprofondare in senso figurato serve per rigenerare energie e riprendere coscienza della nostra identità”. Secondo la stilista, l’ondata mediatica negativa è arrivata per lo più dai giornali stranieri (“alcuni hanno scritto che nelle cucine ci sono i topi perché non è stato possibile bonificare: assurdo”) e soprattutto dai social. “E una volta innescato il meccanismo – conclude – è difficile tornare indietro. Si crea un movimento di opinione”.

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“Per carità: anche io ho avuto danni – spiega Paolo Lorenzoni, direttore del Gritti Palace – ma soprattutto perché l’acqua della laguna è sporca e puzza, e ho dovuto rifare i divani. Ma già alla mezzanotte del 12 novembre avevo chiesto a elettricisti e tecnici di intervenire e la mattina dopo la situazione era stata perfettamente ripristinata. Nei palazzi veneziani l’acqua entra da sotto, dal pavimento: noi lo sappiamo e abbiamo fatto lavori che ci tutelano fino a 180 cm, ma i turisti non lo sanno e pensano che siamo allagati per settimane. Vedere una città così martoriata dalla cattiva informazione fa male”. Anche il Gritti ha registrato, ad ora, un 40% di cancellazioni, ed è stato perfino annullato un viaggio di gruppo per giugno del prossimo anno. “Per fortuna – conclude Lorenzoni – Natale è andato benino e siamo pieni sia il 31 che l’1, il tempo ci sta aiutando. L’acqua alta qui arriva dalle 20 alle 30 volte l’anno. Per il futuro stiamo pensando di sollevare le paratie fino a 2 metri”. Ma il resto, a quanto pare, deve farlo il buon senso.

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